(Intima ed irregolare rubrica Libraria) - Anno III
Per cominciare a capirci qualcosa bisogna subito dire che le Ucraine sono almeno due, meglio sarebbe dire che sono pure tre o almeno tre lo sono state in certi periodi storici.
Il Paese con i suoi attuali quasi 50 milioni di abitanti è spaccato in verticale a metà, non solo geograficamente dal fiume Dniepr, ma anche storicamente e culturalmente. L'Ucraina dell'est più russofona e russofila, cristiano – ortodossa, aveva subito di più la russizzazione zarista prima e poi le manovre etnico – ingegneristiche di Stalin.
Nasceva, da quello che fu il primo insediamento nordico nell'area di Kiev, la Rus, ed è da considerarsi un po' la madre di tutte le Russie successive, infatti U Krajna, ossia “al confine”, è un termine che comparve nel XII secolo.
L'Ucraina dell'ovest invece iniziò a separare i suoi destini dall'Asia di fronte alle orde mongoliche, fino ad entrare a far parte prima della confederazione polacco - lituana e poi dell'Impero asburgico, mantenendo nel tempo i suoi caratteri religiosi cattolici e la propria lingua.
La terza Ucraina corrisponde a tutta quell'area centrale che gira attorno a Kiev, un territorio in passato a volte spostatosi più sul versante occidentale, altre volte più su quello orientale.
Di nuovo il Paese si trovò diviso nella Grande Guerra, disunito tra i due schieramenti in armi. Ma nel 1917 ci fu il primo tentativo vero e proprio di indipendenza che vedeva tra i suoi fautori il cosacco, menscevico ed intellettuale Symon Petljura.
Le elezioni del 10 dicembre avevano visto stravincere l'ala nazionalista – socialista mentre i bolscevichi non superarono il 10% dei consensi ma i tempi stavano mutando; con la Rivoluzione d'Ottobre e poi col trattato di pace di Brest – Litovsk, la politica estera imperialista russa entrò in pausa per riprendersi, sovietizzandosi, dopo la sconfitta degli Imperi Centrali nel 1918.
Nel dicembre di quell'anno la repubblica ucraina si trovò schiacciata dal golpe avvenuto per mano del generale filo – zarista P. P. Skoropadskyj, tuttavia le forze repubblicane riottennero la vittoria poco tempo dopo; in seguito intervenne il repentino attacco dell'Armata Rossa che, tra l'altro, spazzò via gli ultimi filo – zaristi, compreso il principe Aleksandr N. Dolgorukov, uno dei tanti liquidati dal terrore bolscevico.
Era quindi iniziata la lunga lotta per l'indipendenza che si concretizzò soltanto molti decenni dopo, se non altro nel senso più compiuto del termine.
Nel 1919, l'unione delle due Ucraine, avvenuta il 22 gennaio, ebbe perciò una brevissima vita.
Da occidente il nuovo Stato polacco, nato dai trattati della Prima Guerra Mondiale, cominciò a premere militarmente sulla Galizia, da oriente appunto arrivava la valanga bolscevica che occupava tutta la parte est del Paese e costringeva Petljura e i suoi a rifugiarsi proprio in Galizia.
Kiev cadde e fu riconquistata più volte, tutta quell'area divenne un enorme campo di battaglia anche tra l'esercito Bianco e i bolscevichi. In mezzo a quei sanguinosi conflitti si moltiplicarono i pogrom contro gli ebrei, ciò accadde pure per la forte predisposizione anti - giudaica delle popolazioni di quelle zone.
Nel 1921 l'alleanza polacco – ucraina passò al contrattacco, mettendo in grossa difficoltà l'Armata Rossa e penetrando per chilometri e chilometri in Russia. Poteva sembrare l'inizio dell'applicazione dell'idea del Generale polacco Pilsudski, quella di creare una coalizione federata di Paesi che andasse dal Mar Baltico al Mar Nero, denominata “Tra i Mari”, e ripescata da un progetto del principe Czartoryski, che risaliva al secolo precedente.
Poi però le controparti ripristinarono i rapporti di forza e col Trattato di Riga (18 marzo 1921), in sostanza, si ristabilirono i confini precedenti, tutti a svantaggio di una Ucraina che esisteva quasi più sulla carta che nella realtà.
La Polonia, con le cosiddette “campagne di pacificazione”, impose la polonizzazione forzata alla minoranza ucraina e condannò a morte in contumacia il più celebre dei nazionalisti, Stepan Bandera, ma ormai anche da altre parti, alla fine degli anni Trenta, il cerchio si stringeva: ad esempio la Romania di Re Carol aveva avviato delle politiche coercitive nei confronti delle comunità minori, tra cui proprio quella ucraina presente nella Bucovina.
La fondazione dell'UVO (Ukrayinska Viyskova Orhanizatsiya) del colonnello Yevhen Konovalets (poi ucciso il 23 maggio 1938 a Rotterdam da un altro assassino al servizio dei sovietici) sfociò in particolar modo, nel 1929, nella costituzione dell'OUN (Orhanizatsiya Ukrayinskyć Natsionalistiv) che diventò in breve l'organizzazione più importante, tant'è che aprì la sua sede a Berlino, allo stesso modo dell'UVO, grazie all'intercessione del nazista di origini baltiche Alfred Rosenberg.
Da tempo ormai l'esilio per tanti era diventato l'unica scelta possibile, così come per molti di loro il vero modello politico divenne il fascismo prima, il nazionalsocialismo poi, anche se in seguito le cose mutarono e si fecero più complesse.
Nella capitale tedesca si era fermato in precedenza anche l'ex dittatore Skoropadskyi, in stretto contatto con H. con Göring, Petljura invece si stabilì a Parigi, dove nel 1926 fu fatto fuori da un sicario ebreo che voleva vendicarsi dei pogrom scatenati dalle sue truppe ma che poi, a quanto pare, risultò esser stato manovrato pure lui dai servizi segreti sovietici.
In Italia nel frattempo era stata fondatala la Società Ucraina di Studi Fascisti ma lo stesso intellettuale di riferimento del nazionalismo ucraino, Dmitro I. Donstov, si rifece al fascismo e lo fece piuttosto apertamente col suo saggio “Natsionalizm” (1926), un testo che diventò emblematico per l'intero movimento.
Ma tante altre organizzazioni e cellule filo – fasciste e di ispirazione nazionalista nacquero negli anni, entrando spesso in attrito tra di loro.
Diversi membri e responsabili dalla Germania preferirono trasferirsi in Italia, dove tra l'altro si svolsero anche alcuni importanti congressi e riunioni dell'OUN, che a sua volta subì una scissione tra i nazional – conservatori e i nazionalisti rivoluzionari di Bandera.
Dopo la prima carestia, dovuta alla guerra civile russa tra bianchi e rossi, nel 1929 ne scoppiò un'altra, una delle più brutali, anche se calcolata stavolta, causata dalla collettivizzazione obbligata e usata come strumento punitivo per la popolazione ribelle ucraina; una popolazione composta da molti piccoli proprietari, tenendo presente che per essere considerato un kulaki bastava ben poco e per riceve una pistolettata alla nuca bastava anche meno.
Oggi si parla di 5 milioni di morti, una traccia incancellabile per quell'odio tuttora vivo per buona parte degli ucraini rispetto al comunismo e ai russi in generale.
Le simpatie filo – naziste andarono sfumando sin dal 1934, a partire dall'accordo tedesco – polacco che poneva una tregua temporanea sulle rivendicazioni territoriali e sul trattamento che riguardava anche la minoranza tedesca in Polonia.
Il filo – nazismo rimaneva, anche perché i finanziamenti, il supporto logistico – militare ecc. alla causa ucraina andò aumentando negli anni del Terzo Reich, ma il rapporto si incrinò pesantemente con il Patto Ribbentrop – Molotov dell'agosto 1939, tuttavia 600 volontari ucraini, sotto il comando di Roman Sušhko, andarono a formare i primi battaglioni di volontari per l'assalto tedesco alla Polonia che iniziò il 1° settembre.
Soltanto con l'Operazione Barbarossa, ovviamente, si liberarono energie e collaborazioni principalmente tra i banderisti, pronti ad entrare nel battaglione 'Nachtigall' e in quello 'Roland'.
Bandera e i suoi fecero però il passo più lungo della gamba nel momento in cui, senza l'autorizzazione di nessuno, proclamarono l'indipendenza dell'Ucraina dal momento in cui le truppe entrarono nella città di Leopoli.
Hitler non accettò queste prese di posizioni arbitrarie, anche per via dei suoi piani geopolitici, benché non chiari, ma che non sembravano affatto coincidere con le volontà dei nazionalisti ucraini.
A metà luglio il nuovo Stato ucraino non esisteva di nuovo più, i maggiorenti dell'OUN banderista erano stati fermati, arrestati, costretti al domicilio coatto o messi sotto controllo nei campi di concentramento, come nel caso di Bandera inviato nel lager di Sandhausen, con tutti i buoni trattamenti possibili che si potevano dare in ogni caso ad un collaborazionista del suo calibro, sebbene riottoso come lui.
A quel punto, da una parte il territorio - diviso in due commissariati (Reichskommissariat Ostland e Reichskommissariat Ukraine) - passò sotto il controllo del Ministero del Reich per i Territori occupati ad est, guidato da Alfred Rosenberg, mentre la Galizia andò a finire sotto il Governatorato di Polonia, dove anche lì i nazionalisti non ebbero una facile vita politica; i battaglioni 'Nachtigall' e 'Roland' furono dismessi e i loro componenti passarono ad altre formazioni o a far parte delle forze di polizia.
Subentrò perciò l'ala meno radicale dell'OUN che ebbe responsabilità militari e di comando una volta occupata l'intera Ucraina, ma anche questa fazione subì una fine precoce quando poco dopo fu messo ai domiciliari il colonnello Melnyk.
Sul terreno si faceva complicata la faccenda, perché se a ovest del Dniepr le vecchie simpatie per la Germania si risvegliavano, a est del fiume questa inclinazione si faceva più tiepida, non tanto e non solo perché vi era stata una maggiore comunistizzazione ma soprattutto perché la popolazione era russofona e aveva accettato di buon grado la Russia degli Zar a suo tempo.
In linea di massima però, vuoi per il ben accolto e trascorso dominio asburgico, vuoi per le terribili carestie causate dai bolscevichi, vuoi per le deportazioni staliniane che spostarono 400 mila persone, vuoi per il trattamento subito dai sovietici, incluso quello che riguardava la liquidazione di 30.000 individui con la ritirata dell'Armata Rossa di fronte alla Wehrmacht, la popolazione era favorevole all'arrivo dei tedeschi solo che i tedeschi, lì come altrove, per cecità politica e arroganza, pensarono bene di comportarsi come altrove o quasi.
Questo non impedì lo stesso la costituzione dei 12 Schuma (Schutzmannschaft Bataillonen) sotto i diretti ordini del RSHA (Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich).
Nella parte più ad est del Paese, nel Reichskommissariat Ukraine, la situazione peggiorò nel giro di poco. Erich Koch, benché sottoposto a Rosenberg, riceveva gli ordini direttamente dalla Cancelleria del Reich. I comandi, in aperto contrasto con quelli di Rosenberg, partivano da Martin Bormann e dunque da Hitler, il quale continuava ad ignorare le lettere, i memorandum e gli appelli scritti e verbali dei nazionalisti ucraini.
L'amministrazione Koch, con una ottusità costante, usò il pugno di ferro contro i movimenti politici e talvolta contro la popolazione, tanto da arrivare perfino alla fucilazione di alcuni esponenti meno oltranzisti, tra gli altri, ci rimisero la pelle il sindaco di Kiev, V. Bahaziy, e la scrittrice Olena Teliha.
Nasceva così la ribellione nazionalista che si prefiggeva innanzitutto di combattere in modo integrale l'URSS, sviluppando al contempo un conflitto di basso profilo fatto di ostruzionismi e sabotaggi contro i germanici; non si andava però molto oltre visto che tra i tedeschi, anche nelle alte sfere sia militari che politiche, persistevano delle forti simpatie filo – ucraine, come quelle di Rosenberg, Göbbels e del generale Von Mastein ecc.
Dopo quella del settembre '41, un'altra ondata di arresti, eseguiti nell'ottobre 1942, congelò la clandestina e da poco costituita Armata Nazional Rivoluzionaria Ucraina.
Proprio in quel mese sorgeva l'Armata Insurrezionale Ucraina, una forza militare banderista che raggiunse le 200 mila unità, grazie anche ai volontari stranieri appartenenti ad altre compagnie, raccolti durante le campagne belliche; la guida spettò a Roman Šhukhevyć, ex comandante della 'Nachtigall' e vice dello Schuzmannschaftbataillon 201, un reduce di grande esperienza che approntava il duplice piano di opposizione anti – russo e in parte anti – nazista, senza contare gli scontri coi nazionalisti polacchi, ma in special modo da quel momento in poi furono attuate una serie di attività partigiane oltre le linee sovietiche.
Dopo Stalingrado il clima stava però cambiando. Rosenberg chiese la rimozione di Koch direttamente ad Hitler, il quale rifiutò testardamente la proposta, d'altra parte però venivano organizzate le Waffen SS straniere.
Nel caso specifico fu istituita la 14° SS Freilligen Division 'Galizien' nel giugno '43, che, come è evidente già dal nome, accolse in sé solo militi galiziani, un tentativo, uno degli ultimi per quel che riguarda le Waffen SS straniere, di preservare l'origine razziale nel corpo famoso scelto. Degli 85.000 volontari ne furono presi 25.000, tutti provenivano dall'area nazionalista meno intransigente, quella non banderista.
Nel gennaio 1944, quando i russi ormai erano giunti a Kiev, fu stretta una ufficiosa tregua e collaborazione tra tedeschi ed ucraini; La 'Galizien' fece il esordio di fuoco e sangue nel luglio del '44 nella massacrante e strenua difesa dell'ultima grande città, quella di Leopoli. Ma soltanto il 25 settembre Bandera assieme ad altri furono finalmente messi in libertà.
Sebbene non fossero stati mai per davvero inattivi, quanto meno per quel che concerneva le direttive impartite ai loro camerati sul campo, si misero subito all'opera. Il ritardo era enorme, ormai incolmabile. Furono riorganizzate le forze e crearono un Comitato Nazionale Ucraino che però fu riconosciuto ufficialmente da Rosenberg solo il 25 marzo 1945. Ne conseguì il proclama per lo “Stato nazionale indipendente”.
Il tempo era scaduto, anche gli ucraini transfughi oramai stavano per esser travolti, il Comitato nazionale si sciolse, la nuova Armata, a un mese e mezzo dalla sua nascita, eseguiva continui spostamenti strategici tra la Polonia e l'Ucraina, per infine ritrovarsi in Slovenia assieme alla 'Galizien'. Dopodiché il comandante Pavlo Šhandruk condusse i suoi in Austria per consegnarsi agli inglesi; solo che fino al 1946, tanti di loro e tanti altri cosiddetti 'collaborazionisti' furono consegnati ai sovietici con esiti facilmente immaginabili.
La Guerra Fredda fece in seguito optare al blocco filo – americani la sospensione di questa condanna a morte di massa non certo per senso di umanità; era iniziato un altro pericolosissimo scontro e le due controparti riciclavano i nemici sconfitti di qualche mese prima.
Al di là della sorte che colpì i singoli individui, va detto che la fine del nazionalismo ucraino però non coincise con la fine della Seconda Guerra Mondiale: armati e decisi gli ultimi si spostarono in velocità, aiutati dalle armi e dai finanziamenti, per quel non molto che era possibile; i soccorsi per i nazionalisti più moderati arrivarono dagli americani, per i banderisti, considerati come dei criminali dagli statunitensi, i quali avrebbero voluto acciuffare Bandera, invece giunsero dagli inglesi.
Le ritorsioni di Stalin sull'Ucraina nel frattempo si erano fatte pesantissime. Erano ripartite le deportazioni, la popolazione era stata ancora messa alla fame a causa della decisa limitazione del rifornimento di derrate alimentari; non mancarono le massicce e feroci epurazioni, nonché il trasferimento in loco di russi e di altre etnie e le persecuzioni religiose.
La cosiddetta “campagna di pacificazione” in realtà era insomma solo un'altra delle tante e brutali repressioni politiche e militari staliniane.
La resistenza si spense in modo definitivo prima con la morte di Roman Šhukhevyć, rimasto ucciso nel 1950 durante la sua ostinata resistenza armata, e poi nel 1954 con l'arresto di Vasyl Kuk che era succeduto proprio a Šhukhevyć. L'ultimo colpo fu infine riservato al deus ex machina: Bandera, nel 1959, a Monaco di Baviera, anche lui, fu fatto fuori da un sicario sovietico.
Bandera ugualmente ancora oggi rimane un vivissimo vessillo per gli ucraini, il suo nome, tra memorie e canti, continua a risuonare più che mai tra la gente, davanti ai carri armati russi invasori.
L'Ucraina ha una storia dai confini labili, composta da differenti nazionalismi, dai territori contesi dagli altri popoli e da altre nazioni; non corrisponde dunque proprio al vero quel che di recente ha detto Putin per giustificare l'attacco russo del 24 febbraio.
È un errore sostenere che l'Ucraina è senza una identità nazionale, che invece ce l'ha avuta e ce l'ha tuttora nelle sue molteplicità e ce l'ha nonostante l'egemonia passata dello zarismo, il predominio sovietico e gli squilibri politici degli ultimi 30 anni.
Non del tutto vere, oppure del tutto false, sono tante altre affermazioni anti putiniane; tanto per dire molti ucraini collaborarono in armi con la Germania e l'Asse, più di 250 mila, altro che anti-fascismo e anti-nazismo, per non parlare del loro vecchio antisemitismo e antigiudaismo che fu la causa di molti episodi tetri ben prima dell'arrivo della Wehrmacht.
Purtroppo non ci sono molti libri su questi argomenti e quello di Rallo, che ha qualche difetto di linearità ma che lo stesso merita di esser letto, andrebbe affiancato da altri saggi che per il momento mancano ma che speriamo arriveranno.
Mi sento quindi di poter consigliare altri 3 testi di mia conoscenza che, seppur con modalità e specificità ben diverse, potrebbero dare dei chiarimenti a coloro che ne fossero interessati:
1) Onac'kyj Jevhan: “Studi di storia e di cultura ucraina”, U.P.S.R., Roma 1939
2) Salvi Sergio: “Tutte le Russie. Storia e cultura degli stati europei della ex Unione Sovietica dalle origini a oggi”, Ponte alle Grazie, Firenze 1994
3) Carlos C. Jurado, “Spezzando le catene. La divisione ucraina delle Waffen SS”, Novantico editrice, Pinerolo 2015.