CAP. II – L’Ucraina e il Fascismo

Il rapporto tra l'Ucraina e il fascismo lo si può sintetizzare soprattutto grazie ad alcuni articoli del 1919, tutti ripescati dal giornale di Mussolini, “Il Popolo d'Italia”. L'Ucraina in quell'anno lottava strenuamente per la sua indipendenza:

- “Tra i paesi del Mar Nero, l’Ucraina è quella che maggiormente ci interessa… Una intesa italo-ucraina servirebbe a contenere l’egemonia inglese nel Mediterraneo” (“Il Popolo d’Italia” del 6 agosto 1919”).

- Il 26 agosto 1919, sempre sul suo giornale, Mussolini scriveva: “L’Italia si trova protesa fra l’Oriente e l’Occidente. Nell’Occidente vi sono gli «arrivati». Vi sono i nostri rivali, i nostri concorrenti, i nostri nemici che qualche volta ci aiutano, ma con una forma di solidarietà che sta fra l’elemosina ed il ricatto. Nell’occidente le posizioni sono definite e la ricchezza è prevalentemente statica: quindi parassitaria… Nell’Oriente, invece, la situazione è diversa… Nell’oriente vivono popoli che sono ricchissimi «in potenza» e che rappresentano il nostro naturale, magnifico campo di espansione economica e intellettuale. Vi sono popoli che hanno bisogno di essere aiutati; che ci possono fornire in gran copia quello di cui difettiamo e ai quali noi possiamo mandare la nostra produzione industriale”.

- “I Governi dell’Intesa debbono persuadersi che solo alle nazioni sorte dalla rivoluzione russa può essere commessa la difesa dell’umanità dalla malattia, che ha il suo focolaio maggiore a Pietrogrado” e ancora “L'avvenimento è epico. Mai popolo ha combattuto con più fede per la propria libertà; mai popolo ha difeso il suo diritto alla vita ed alla indipendenza in condizioni più difficili. Minacciato dall'avidità polacca e romena, insidiato dai panrussi, senza armi, senza mezzi, solo, sotto gli sguardi diffidenti o indifferenti di tutta Europa, il popolo ucraino libera il suo territorio dalla peste bolscevica e riconquista la sua capitale. I popoli liberi sono commossi da questo spettacolo di grandezza, anche se i loro governi vogliono ignorarlo. Gli Ucraini non solo difendono sé stessi, ma l'Europa” (“Il Popolo d'Italia”, 6 settembre 1919).

- “La mancanza di spazio non ci permette di rilevare come vorremmo il grande delitto compiuto dal panrussismo. I russi sono stranieri in Ucraina e l'occupazione di Kyjiv in nome della Grande Russia è un abominevole attentato alla libertà dei popoli (“Il Popolo d'Italia”, 13 settembre 1919).

- “La sconfitta di Denikin – che invece di combattere i bolscevichi aveva impiegato la massima parte delle sue forze per schiacciare Petliura e sopprime la Repubblica Ucraina – era fatale. La visita di Petliura a Pilsudsky gioverà a persuadere i polacchi, che soltanto appoggiando gli ucraini è possibile contenere i bolscevichi” (“Il Popolo d’Italia” del 31 dicembre 1919).

La linea politica il Duce l'aveva tracciata anche con il discorso del 27 ottobre 1930, quando in modo simile a quel che aveva detto D’Annunzio anni prima, si espresse così: “è solo verso Oriente che può indirizzarsi la nostra pacifica espansione”.

Inoltre era evidente che gli ucraini “odiano il comunismo russo”, “Secondo dati statistici ufficiali bolscevichi, nel 1929, in soli 19 dei 44 dipartimenti dell’Ucraina Sovietica, i 324 attentati anticomunisti fecero113 vittime. Questa statistica non comprende che i membri dei comitati dei contadini comunisti” diceva Onatskyj.

Negli anni Trenta erano tre le forze politiche consolidatesi e ognuna presentava il proprio modello di società: il comunismo, la demo-plutocrazia e il fascismo.

Il bolscevismo era il frutto della “mentalità semi-asiatica”, la conseguenza della “ideologia degenerata del vecchio socialismo ebraico” e che, con la lotta di classe senza compromessi e il materialismo, fondamento della sua ideologia, stava conducendo alla disintegrazione del tessuto sociale degli Stati.

La demo-plutocrazia “è l’espressione dello spirito anglo-sassone” e quindi “espressione protestante ed edonistica” degli inglesi. Anche la demo-plutocrazia era fondamentalmente basata sul materialismo e sulle leggi economiche a scapito dello spirito

Invece il Fascismo, frutto “dello spirito puramente mediterraneo” e quindi dello “spirito greco-romano”, si faceva interprete di questi antichi valori, proiettandoli verso il futuro per la sopravvivenza dell’Europa.

Era il 1931 e Onatskyj, oltre ad affermare quel che si è appena riportato, nel suo pezzo ‘L’Ucraina in funzione europea’ pubblicato per ‘Antieuropa’ III, lui e molti altri erano convinti che ormai il conflitto tra le tre idee si faceva sempre più netto e “decisivo”, la crisi mondiale “minaccia di travolgere tutta la civiltà europea”, solo che se per il comunismo il crollo dell’Europa era persino “desiderabile” e per la demo-plutocrazia internazionale “è una cosa da poco”, per il Fascismo non poteva che essere una “tragedia immensa”. Le prospettive non erano delle migliori, il sovietismo incombeva, ad est del continente aveva ottenuto la sua vittoria, ora premeva sul centro d’Europa duramente provato dalla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e che dunque era più soggetto a cadere pericolosamente in mano allo stalinismo.

La demo-plutocrazia d’altra parte, mediante le standardizzazioni, l’attaccamento all’oro, la corruzione, i media, le banche “distrugge la personalità umana e crea l’umanità a serie, come le macchine”. I rischi che si correvano con i due imperialismi erano dunque di grandi proporzioni.

In definitiva il nazionalismo ucraino vedeva nel fascismo, corporativo, “rivoluzionario”, “popolare”, “nazionalista”, “antiplutocratico”, un modello da imitare e una speranza per affermarsi come Nazione.

Il 16 settembre 1939, quando oramai nella vecchia Europa risuonavano di nuovo i cannoni, fu invece Luigi Salvini a fare il punto della situazione e a definire meglio quale era la posizione dell'Italia fascista rispetto all'Ucraina sia in senso storico che politico:

“Da anni periodicamente, il problema ucraino si affaccia all'orizzonte della coscienza e della politica europea”, quello era un “inquieto settore europeo, dove razze giovani e antiche, vecchie e nuove culture sembrano alla perenne ricerca di un assestamento”, anche perché “milioni di ucraini, in quattro stati, agiscono con vario metodo, ma con unità d'intenti per raggiungere l'unificazione e per riacquistare l'indipendenza”. Un popolo di circa 50 milioni di persone “che ha resistito nei secoli ad ogni tentativo di assorbimento e di snazionalizzazione, che ha dimostrato, al crollo della Russia zarista, la sua potenza militare e la sua capacità organizzativa difendendo su cinque fronti, per oltre due anni, l'indipendenza finalmente riconquistata […] l'unità della lingua, della letteratura e dello spirito”, insomma si poteva dire tutto dell'Ucraina tranne che fosse una semplice “espressione geografica”. In fondo quella nuova e breve indipendenza ottenuta nel 1918 non aveva fatto altro che far riemergere quella storica funzione cuscinetto tra Russia e Germania, solo che le democrazie avevano delle gravi responsabilità sulle vicende di quegli anni, innanzitutto il trattato di Versailles aveva spezzato una Europa che seguiva i dettami americani e che era rimasta apatica di fronte alle esigenze nazionali di alcuni popoli europei, tra gli altri di quello ucraino, che era stato in questo modo fagocitato dall'URSS. In quella sorta di sacrificio Salvini inoltre riconosceva proprio all'Ucraina di aver fatto da muro alla bolscevizzazione di parte dell'Europa; in particolare la Romania, gli Stati baltici, la Finlandia e la Polonia avrebbero fatto forse un'altra fine senza il sacrificio ucraino. L'esigenza nazionale dell'Ucraina perciò ricordava per molti aspetti “Risorgimento italiano” e anche per questo motivo il “conoscerne e il valutarne le forze e le aspirazioni nazionali è interesse vitale dell'Italia” fascista. Roma, come in passato e anche in questo frangente, poteva svolgere un ruolo primario per la soluzione delle criticità europee.

Avviata poi l’Operazione Barbarossa, il popolare giornalista fascista Mario Appelius definì bene la posizione dell’Ucraina e di tutta l’area est europea all’interno di una definitiva liberazione continentale. Era il 27 luglio 1941: “Nel Mar Nero non potranno vivere in avvenire che amici dell’Asse”, “Al Mar Nero fa capo un grande serbatoio di risorse agricole e minerarie. Questo serbatoio appartiene alla Nuova Europa”.