venerdì 6 giugno 2025

A PIEDE LIBRO n. 53 - Alain De Benoist - Aleksandr Dugin - Eurasia. Vladimir Putin e la grande politica - Prima parte

A PIEDE LIBRO n. 53
(Intima ed irregolare rubrica Libraria) - Anno III

EURASIA. VLADIMIR PUTIN E LA GRANDE POLITICA 

DUGIN, PUTIN E LA RUSSIA (parte I) 

Halford Mackinder: “Chi controlla l'Eurasia controlla il mondo”

Un incontro fatale, due filosofi provenienti da due aree politiche diverse ma non troppo, perché il Tempo ammette delle sintesi impensabili fino a qualche anno fa e perché comunque i due hanno molti punti in comune.

Di fronte allo sradicamento, al mondialismo, a quei pochi potentati che comandano il globo, alla sperequazione delle ricchezze, alle crisi endemiche spesso create ad arte da chi tira i fili, gli avvicinamenti non sono solo fisiologici ma persino auspicabili.   

Tralasciando la biografia di Dugin, intellettuale di grande attività politica e culturale, la si metta come si vuole, il pensatore russo ha lasciato il segno e lo sta lasciando nella sua Russia, sia tra la sua gente che tra alcuni elementi e responsabili della alte gerarchie militari e politiche del Paese.

Dugin lo si può definire come l'unico vero ideologo esistente, non solo perché con gli anni ha sviluppato un modello politico ideale, ma anche perché questo modello sembra avere una possibile attuazione.

Critico della modernità, del cosiddetto progresso e delle sue conseguenze che sfociano nella ingannevole Democrazia rappresentativa, contro l'universalismo e l'individualismo, a favore di una società quindi tradizionale con le sue gerarchie e i suoi Stati che ammettono la disuguaglianza fisica e spirituale, perché “la disuguaglianza è una legge della vita”, quando invece le società demo-borghesi accettano e incentivano le differenze ma solo quelle materiali, mentre quelle socialiste in passato sono state in grado soltanto di costituire degli Stati totalitari; al di là della destra e della sinistra, categorie inconsistenti e ampiamente superate dagli eventi susseguitisi per decenni, antirazzista, anti – anti – semita, anti – materialista, anti – panslavista, anti – individualista, dice di avere molte affinità coi nazional – bolscevichi degli anni Venti che però, secondo lui, non avevano nulla a che fare col dogmatismo marxista; questo è in poche parole Aleksandr Dugin, il quale punta ad una democrazia organica, una democrazia che potrebbe essere monarchica o comunque autoritaria ma che ugualmente dovrebbe vedere le masse partecipi al sistema.
  
Spesso il pensiero di Dugin viene travisato, non lo aiutano neppure certe sue uscite scomposte e neanche quelle più estreme in questa società della moderazione, del perbenismo, del fradicio moralismo interpretato secondo i parametri dei tanti maestri - moderati, non pochi dei quali ipocriti in modo congenito; dunque questa lunga intervista, pubblicata nel 2014, non può non tornare utile per capire anche le profondità della Russia e il personaggio Putin e le sue politiche, nonché molti dei fatti che stanno avvenendo di questi tempi e che sono avvenuti anni fa.

LA GRANDE MADRE RUSSIA

In un modo o nell'altro nei secoli, la Russia ha retto il colpo davanti agli assalti occidentali, sino all'ultimo modello sistemico della Globalizzazione occidentalizzante, almeno fino alla caduta dell'URSS, dopodiché, con Eltsin, il Paese subì una ondata di affaristi e speculatori stranieri che soltanto Putin riuscì a contenere più tardi. La Russia riprendeva la sua missione, quella di ripresentarsi come riferimento per il popolo slavo e non solo, una nuova e al contempo vecchia missione che proseguiva il cammino della “Terza Roma” del cristianesimo ortodosso e del “comunismo planetario” di epoca sovietica. 

Proprio la cosiddetta “Terza Roma” di Mosca, che potrebbe esser rappresentata dalla Chiesa ortodossa, ha carpito i valori spirituali, quelli che furono di Roma e di Costantinopoli/Bisanzio ormai decaduti da secoli. La “Santa Russia”, con le sue immensità e la sua storia, si è assunta questa prosecuzione, questo rispetto e appropriazione di quella antica sacralità e in questa direzione vanno avanti tutti i “Vecchi Credenti” che conservano e proteggono l'ortodossia cristiana attraverso i loro movimenti .

Piaccia o meno ma è sotto gli occhi di tutti che con Putin il Paese ha acquisito una ripresa economica, ha allargato le nazionalizzazioni, ha riportato la Nazione a ricostruire una sfera di contatti e influenze coi Paesi dell'ex Unione Sovietica d'Asia e con la Cina, ad avere una indipendenza energetica, militare e una sovranità politica per una “democrazia sovrana”, fino ad  un certo controllo territoriale e all'esautoramento di una serie di oligarchi filo - occidentali. Dugin, pur sostenendolo apertamente, gli rimprovera di non avere delle idee chiare in quanto a geopolitica, di non aver costituito una gerarchia all'altezza e una classe politica pronta a prendere le leve del comando al momento necessario, di non aver avversato a sufficienza le intromissioni americane nel continente asiatico. 

Tuttavia il “regime russo è oggi un regime autoritario, incarnato da Putin”, un “patriota” attorno al quale sta girando la missione della Grande Russia, che appunto si fonda su un solo uomo, un limite per l'azione da moltiplicare. 

La Russia diventa l'emblema, o vorrebbe diventarlo - il che pare più credibile come affermazione - dell'antiliberalismo, dell'anti – omologazione; liberalismo e mondialismo sono incompatibili storicamente con l'anima russa e quindi “O la Russia sarà grande, unica, radiosa, assoluta, paradossale, misteriosa, salvatrice, o sparirà!”. 

Lo stesso Putin sostiene che “È impossibile andare avanti senza autodeterminazione spirituale, culturale e nazionale. Senza questo non saremo capaci di resistere alle sfide interne ed estere, né riusciremo nella competizione globale” (26 settembre 2013), un'asserzione, assieme a molte altre, che sembra far proprio anche il bisogno dei pan – russi, quello di riveder riunite la Russia, la Bielorussia e l'Ucraina. Una ulteriore conferma che il Presidente russo conosca e segua il pensiero eurasiatista.    

POLO EUROPA

“Il destino dell'Europa non è dall'altro lato dell'Atlantico. L'Europa deve affermarsi chiaramente come una civiltà distinta, libera e indipendente. Deve essere un'Europa europea e non americana e atlantista. Deve costruirsi come un impero democratico postmoderno, riappropriarsi delle sue radici”, “un'Europa che non insorgesse anch'essa contro l'America tradirebbe le sue radici, condannandosi al tempo stesso a non avere un avvenire”, “Ciò che i russi desiderano maggiormente è soltanto che sia se stessa, cioè europea” ecco perché Dugin dice di essere un “sostenitore convinto dell'Europa”. 

Per la sua conformazione geografica e i suoi trascorsi storici, il Vecchio Continente insomma potrebbe e dovrebbe costituire un polo a se stante o meglio dovrebbe puntare a questa meta ma “potrà riscoprire la sua grandezza solo a condizione di liberarsi del controllo americano”; la Russia quindi non vorrebbe arrivare alla russificazione continentale, piuttosto cercherebbe una stretta cooperazione:  “Non abbiamo gli stessi valori, ma abbiamo gli stessi interessi. Non apparteniamo alla stessa civiltà, ma non siamo entità ostili”, solo che questa collaborazione non è così facile da raggiungere, pure perché diversi Paesi dell'est, che non hanno reali ambizioni europeiste, in un modo o nell'altro tendono ad entrare nella NATO, facendo il gioco degli americani che continuano a perseguire l'obiettivo di dividere l'Europa dalla Russia, “stessa tattica adottata dagli inglesi nei secoli XIX e XX, col risultato di provocare due guerre mondiali”; Dugin è ancora più esplicito in tal senso: il “modo in cui gli americani si comportano in Europa potrebbe davvero provocare una terza guerra mondiale”. 

Al di là del fatto che “il risveglio dello spirito tedesco in Germania mi sembra quasi impossibile”, in ogni caso tutta l'Europa ha fatto propri i deleteri principi del liberalismo più spinto, quelli dei “valori mercantili”, il continente è perciò scisso tra una destra economica e una sinistra economica, reggendosi su una “società che ritiene che l'economia sia il destino”, unico e imprescindibile, eppure Dugin si mostra fin troppo ottimista e convinto che gli europei sappiano riprendersi quel che avevano e sappiano ritornare ad essere quel che erano.  

L'ANTI-ATLANTISMO

Ci dobbiamo per davvero rassegnare al modello americano? Nasce qua, da questo quesito, l'opposizione a questa globalizzazione così come l'abbiamo vissuta e subita fino ad oggi.

Le ingerenze americane hanno fatto prendere coscienza alla Russia del bisogno di affermare un mondo multi – polare. Dugin si rifiuta “categoricamente di ammettere che gli americani siano i portatori di una 'verità universale obbligatoria'. Ritengo che l'ideologia dei diritti dell'uomo, l'economia di mercato, il sistema democratico liberale, il parlamentarismo e la divisione dei poteri, siano valori 'locali', fondati su un'esperienza storica concreta facilmente localizzabile nello spazio (Europa occidentale, poi America) e nel tempo (la modernità)”.

Eurasiatisti e atlantisti “si oppongono in tutto”, “sostengono due visioni del mondo e del suo avvenire che si escludono reciprocamente” e proprio questa avversione “definirà la lotta storica del XXI secolo”. D'altra parte “l'antiamericanismo contemporaneo è un riassunto della storia nazionale russa”, poiché “essere russo significa essere antiamericano”, infatti “L'occidentalismo non è soltanto una posizione intellettuale, ma al contempo una malattia contagiosa e un tradimento della patria. Per questo bisogna combattere l'Occidente senza tregua. Combattendo l'Occidente, i russi si affermano come russi” e per portare avanti questa lotta “Bisogna organizzare il fronte comune delle civiltà contro una civiltà che pretende di essere la civiltà al singolare. Questo nemico comune è il globalismo e gli Stati Uniti”. “Se deve esserci uno «scontro» delle civiltà, bisogna che sia uno scontro tra l'occidente e il «resto del mondo»” e l'eurasiatimo “è la formula politica che conviene a questo «resto»” che altrimenti rischia lo schiacciamento. 

Il vero “male del XXI secolo” è dunque l'imperialismo americano e lo sono gli americani che vogliono annullare le differenze e gli spazi di influenza politico-culturali delle altre Civiltà, procedendo da sempre ad un accerchiamento delle altre nazioni mediante le loro operazioni militari su larga scala globale, ma la “Russia è per loro il nemico numero uno”.

Le intrusioni politiche americane negli altri paesi, le fomentate “rivoluzioni arancioni” ai confini con la Russia, l'incremento del numero delle ONG che dietro la loro facciata della solidarietà e dei diritti umani eseguono delle attività di ingerenza e di disintegrazione, Dugin quindi davanti a tutto ciò, non sbagliando affatto, dice: “Ci si può attendere che facciano altrettanto in Bielorussia, Armenia, Moldavia o Azerbaijan”, come d'altra parte stanno facendo con altri stati, tipo Cina e in generale nei confronti di quelli dell'est Europa, coi quali la Russia ha e aveva delle relazioni di varia natura, senza contare che sempre loro, gli statunitensi, “Cercano di far entrare la Georgia e l'Ucraina nella NATO” e Moldavia e Azerbaijan sembrano essere i futuri candidati all'annessione.       

SUL SOVIETISMO

Per i vecchi eurasiatisti il marxismo rappresentava un pericoloso contagio di marca occidentale, ciò non vuol dire che fossero schierati con lo zarismo dei Romanov, tutt'altro, pur essendo convinti del bisogno di un largo rinnovamento da effettuare tramite la riscoperta della Tradizione, non giudicarono soltanto negativamente la Rivoluzione d'Ottobre che invece a loro avviso ebbe la forza di imporre nuove gerarchie, mobilitando finalmente le masse, seppur con una condannabile brutalità e con dei rigidi dogmatismi e materialismi.

Da parte occidentale l'URSS è sempre stata vista come un fenomeno monolitico ma anche questo non corrisponde del tutto alla realtà. Ad esempio in dirittura d'arrivo dell'esperienza sovietica, un certo nazional – bolscevismo o rossobrunismo era in via di sviluppo ed aveva come obiettivo proprio il superamento di certi assiomi ideologici in favore di una real politik nazionale.

L'evoluzione subì un colpo d'arresto con Boris Eltsin, il quale mobilitò l'esercito per schiacciare le  opposizioni e in particolare il KPRF, ossia il Partito Comunista della Federazione Russa, guidato da Ghenadi Ziuganov, che sembrava interpretare questa emergente politica di rinnovamento.    
    
In ogni caso Dugin non disdegna affatto la posizione di un Eurasiatismo da intendersi come “successore del sovietismo”, certo è che il decreto sulle nazionalità del 2 novembre 1917 (“nazionali nella forma e socialiste nel contenuto”) sembrava aver dato un ottima spinta su questa strada ma la stalinizzazione aveva troncato sul nascere certe differenziazioni.   

Giovane anticomunista, Dugin col passare degli anni ha sempre più ammesso che direttamente o indirettamente l'URSS ha saputo tutelare e sviluppare certi antichi valori, anche se il “Grande evento” della Rivoluzione d'Ottobre si era rivelato un vero paradosso poiché i “russi furono liberati da una forma di alienazione, lo zarismo occidentalizzato, ma ricaddero in un'altra trappola, il dogmatismo marxista”. 

Tuttavia l'anima del popolo russo  aveva saputo reiterare i suoi fondamenti anche proprio attraverso l'esperienza del socialismo reale, solo che, non essendoci stata una evoluzione in senso eurasiatista o sul versante nazional-bolscevico, non rimaneva che il crollo dovuto all'irrigidimento appunto del sovietismo. 

E crollo fu.

Seconda ed ultima parte: