giovedì 12 giugno 2025

A PIEDE LIBRO n.148 - Tre giorni alla catastrofe - Douglas Clark - Seconda ed ultima parte

A PIEDE LIBRO n.148
Intima ed irregolare rubrica libraria - Anno VI

TRE GIORNI DALLA CATASTROFE 

Seconda ed ultima parte

Nel gennaio 1940 Hitler diede il via ad un suo piano, quello di occupare la Norvegia. 

Il Führer non faceva altro che anticipare i progetti britannici, ma questo spesso dalla storiografia è stato volutamente dimenticato. Il 27 gennaio fece partire la “Esercitazione Weser”, il Terzo Reich puntava sulla Scandinavia.

Il Maresciallo Mannerheim fremeva, sapeva che la resistenza non sarebbe potuta durare a lungo e prima di marzo gli inglesi non sarebbero arrivati, tenendo sempre in conto che nessuno poteva prevedere quale sarebbe potuta essere la reazione dei governi norvegese e svedese in caso di violazione dei loro territori, inoltre, in tal caso, Hitler si sarebbe sicuramente mosso, la Germania non poteva fare a meno dei rifornimenti provenienti dal nord Europa, né tanto meno di tutta quella zona che aveva un certo valore strategico. In quei giorni, incredibilmente, Mosca si disse disponibile alle trattative ma dopo le ulteriori quanto di nuovo sorprendenti vittorie finlandesi, a fine mese il tavolo saltò.

Mannerheim continuava a chiedere l’arrivo di almeno 30.000 volontari provenienti dagli altri Stati amici, intanto il 2 febbraio il Gabinetto britannico approvò il ‘Piano Maggiore’, il 5 febbraio l’approvazione arrivò dal Consiglio Supremo di Guerra, tuttavia i politici inglesi continuarono a tergiversare e ad avere degli attriti con i più determinati francesi.

Il piano era strutturato in questo modo:

1) a comandare l’operazione sarebbero stati gli inglesi;
2) il contributo maggiore in armi e soldati sarebbe stato soprattutto inglese;
3) i francesi avrebbero dovuto preparare le prime loro truppe, quelle polacche e la Legione straniera;
4) gli anglo-francesi sarebbero sbarcati soprattutto a Narvik e a Trondheim;
5) l’operazione sarebbe dovuta iniziare entro il 20 marzo.

Sempre il 2 febbraio il Führer confidò che secondo lui la Russia “non aveva mai pensato alla guerra” e che tutto sommato le richieste russe non erano così impegnative. 

L’11 febbraio la Germania e l’URSS conclusero un altro importante accordo economico, a Londra si iniziò a pensare seriamente ad un attacco mirato ai giacimenti petroliferi russi, per stroncare le attività militari al contempo dei tedeschi e dei sovietici, questi ultimi in particolare andavano anticipati per le loro mire verso la Turchia e la Romania. Il Cremlino alzò la posta, a quel punto pretendeva altri territori, alcune città e quasi tutta la Carelia. 

Nel frattempo Berlino iniziò a sondare il campo per l’avvio di possibili trattative tra Helsinki e Mosca, ma nel giro di poche ore i primi tentativi vennero stroncati sul nascere perché il 16 febbraio accadde qualcos’altro di grave: gli inglesi catturarono l’equipaggio tedesco del mercantile ‘Altmark’ in acque svedesi, violando in questo modo le regole di neutralità dettate dal diritto internazionale. 


Al solito se certe azioni, ieri come oggi, le commettono le Democrazie tutto tace o si trova una spiegazione plausibile, se a commetterle sono gli altri il discorso cambia radicalmente e infatti anche allora andò così. 
Oslo e Stoccolma reclamarono la loro indipendenza ad alta voce dopo questo preoccupante episodio. 

D’altra parte il Primo Ministro Chamberlain non aveva tutti i torti quando rispose nel seguente modo: “Il governo norvegese non ha nulla da obiettare se le acque territoriali norvegesi vengono utilizzate per centinaia di migliaia da una nave da guerra tedesca che tenta di sfuggire alla nostra cattura […] Questo criterio è in disaccordo con la legge internazionale”.

Ovviamente, arrivati a quel nuovo stato di cose,  Hitler non poteva non decidere l’occupazione della Norvegia. Il 20 febbraio incaricò il Generale Von Falkenhorst di comandare la missione, in altra occasione, sempre in quelle ore, disse: “Lo sviluppo della situazione in Scandinavia richiede che siano portati a termine tutti i preparativi per l’occupazione della Danimarca e della Norvegia.

Questa operazione vuole impedire una intromissione degli inglesi in Scandinavia e nel Baltico. Inoltre essa intende proteggere i nostri rifornimenti dai giacimenti svedesi e dare alla nostra marina e alla nostra aeronautica migliori basi offensive contro la Gran Bretagna”.  

Tutto andava peggiorando, mentre in Inghilterra l’opinione pubblica si schierava sempre più con la Finlandia e nascevano spontaneamente associazioni per raccogliere alimenti, vestiti e soldi in favore dei finlandesi. 

Sorsero anche organizzazioni per il reclutamento di volontari e anche in questo caso le risposte sembrarono più che soddisfacenti. 

Alla fine di febbraio si seppe che a capo del corpo di spedizione di volontari vi era il maggiore Kermit Roosevelt, figlio dell’ex Presidente Theodore Roosevelt. Insomma la partecipazione del popolo fu grande, lo stesso vale per i giornali che spingevano quasi all’unanimità per un intervento e un maggiore invio di armi. In effetti inglesi e francesi mandarono non pochi armamenti, chiaramente nel limite del possibile, perché in attesa di fronteggiare la Germania. 

Nella seconda metà di febbraio i preparativi militari andavano perfezionandosi, delle reazioni eventuali che Svezia e Norvegia avrebbero avuto sembrava interessare meno, più che altro le indecisioni proseguivano più sui dettagli tecnici e tattici della missione. I legami tra Regno Unito e URSS, benché limitatisi nel tempo, continuavano ad esistere, lo dimostra il viaggio dell’instancabile tuttofare Cripps che a febbraio incontrò a Mosca il Ministro Molotov, il quale gli apparve impaziente di chiudere il conflitto e di riprendere i contatti con gli inglesi. 

Invece l’approccio tra il Ministro degli Esteri Halifax e l’ambasciatore sovietico a Londra, Ivan M. Majskij, non portò a nulla, anzi esacerbò momentaneamente gli animi. Majskij aveva detto che la Finlandia non aveva speranze, che l’URSS non avrebbe leso né la sovranità dello Stato finlandese, né quelle della Norvegia e della Svezia e che, al contrario, l’Inghilterra, arroccandosi su quelle posizioni avrebbe reso inevitabile e irreversibile l’inimicizia con la Russia. Halifax non prese neppure in consegna il documento che conteneva le proposte sovietiche da inoltrare a Helsinki.       
               
Incredibilmente le vittorie finniche si susseguivano nel mese di febbraio, qualcosa però stava cambiando. Le redini dell’operazione militare sovietica dal 1° febbraio erano state lasciate al celebre ed esperto Generale Timoshenko e i primi effetti li si erano visti subito sul campo. 

L’esercito finlandese arretrò in Carelia. Mannerheim, il più lucido tra tutti, fece maggiori sollecitazioni per tentare una trattativa che di fatto riprese piede a fine febbraio; i volontari stranieri, sui quali si confidava molto, stavano per arrivare e i numeri potevano illudere non pochi ma di certo non l’anziano Maresciallo. 

Il 28 febbraio, in una riunione tra Stato Maggiore e il Governo, i capi militari cercarono di far capire ai governanti che non c’era molto tempo ancora, in quella situazione si poteva contrattare una intesa, in caso di un possibile cedimento non si poteva fare più nulla. 

I Ministri apparvero irremovibili nel proseguire ma il giorno dopo il Consiglio cedette in favore di un avvio dei negoziati. 

Fu una mossa pragmatica perché da una parte si realizzò che quella situazione militarmente favorevole non sarebbe potuta continuare a lungo, dall’altra perché riallacciare i rapporti con Mosca avrebbe significato prender tempo in previsione di nuovi sviluppi, in attesa ad esempio proprio di un intervento degli anglo-francesi, ai quali, difatti, si tenne nascosta l’iniziativa. 

Il primo marzo arrivò a Londra la richiesta di almeno 50 mila uomini e ulteriori armi, gli inglesi ne promisero entro il mese solo 15 mila. Inoltre, prima di muoversi, l’Inghilterra aveva preteso un appello ufficiale che tardava ad arrivare, proprio perché Helsinki aveva bisogno di barcamenarsi tra una possibilità e l’altra.

Le difficoltà per l’attuazione del ‘Piano Maggiore’ inglese proseguivano, la volontà politica continuava a non essere così granitica e di mezzo ci stavano sempre Norvegia e Svezia, quest’ultima in particolare, tramite il proprio Ministro degli Esteri, il 3 marzo fece sapere a Londra che la guerra in Scandinavia era stata ideata dagli inglesi soltanto a beneficio degli Alleati stessi e non in favore della Finlandia e degli altri Stati scandinavi, aggiunse per di più, sorprendentemente, che una disfatta del Terzo Reich non avrebbe aiutato affatto la nazioni scandinave, poiché sarebbero diventate un facile bersaglio della Russia. I primi giorni di marzo furono quindi più che mai molto concitati.

Invece il Führer sapeva molto bene che Londra, così come aveva fatto coi polacchi e come avrebbe fatto successivamente con gli altri popoli, era pronta ad usare e mandare avanti le altre nazioni per i propri fini, lo disse in varie occasioni, e la Finlandia non sarebbe sfuggita a questa cinica logica. 

D’altro canto, l’8 marzo 1940, Hitler scriveva a Mussolini: “Sono certo che la Russia non aveva premeditato questa guerra, perché altrimenti avrebbe scelto un’altra stagione per cominciarla”. In ogni caso la prima valutazione di una Russia militarmente imbattibile apparì errata, il piccolo Paese scandinavo aveva fermato fino ad allora un gigante, rivelatosi coi piedi d’argilla. Senz’altro, perciò, il fallimento nell’immediato di Mosca fu uno dei motivi dell’attuazione del Piano Barbarossa più di un anno dopo. 

In quello stesso 8 marzo sui quotidiani i diversi governi giocarono le loro carte: su quelli finlandesi apparve la notizia delle richieste pervenute da Mosca e la trattativa in corso diventò di dominio pubblico mondiale; in Francia invece fu dichiarato il numero delle non poche armi passate ai finnici e in serata una nota governativa annunciava che la Francia era pronta ad intervenire nel caso in cui fosse stato chiesto ufficialmente un aiuto. Il 9 marzo una delegazione finlandese, in segreto, era in missione, tuttavia solo due giorni dopo fu data la notizia. 

Molotov pretese dell’altro: stavolta esigeva pure alcuni territori a nord e addirittura, ancor peggio, la costruzione di una ferrovia che conducesse in Svezia. 

Lo sbigottimento fu tale che si pensò di interrompere di nuovo le relazioni. però Mannerheim chiedeva di proseguire i colloqui, le riserve erano terminate, i russi ormai iniziavano ad avanzare e gli inglesi e i francesi aspettavano di essere chiamati in causa. Il nodo principale rimaneva sempre lo stesso, quello della Norvegia e della Svezia. 

I tedeschi, che fino ad allora erano stati molti leali e limpidi nei comportamenti coi russi, furono tenuti all’oscuro sia dei colloqui che del trattato di pace, la cosa generò qualche attrito diplomatico, presto superato ma ovviamente anche questo contribuì ad una involuzione dei rapporti che poi si deteriorarono.       
 
La riunione di Gabinetto inglese del 12 marzo riconfermò la grande improvvisazione governativa e militare, i Ministri non sapevano neppure che in quelle ore i primi contingenti si stavano imbarcando, tutti decisero di attendere gli esiti del primo sbarco a Narvik per poi procedere, in ogni caso si doveva evitare il più possibile un qualsiasi conflitto a fuoco coi norvegesi.

A migliaia di chilometri intanto si arrivava alla pace. Mannerheim così si espresse poche ore dopo davanti ai suoi militari: “Siamo fieri e consapevoli della nostra storica missione: proteggere la civiltà occidentale che per secoli è stata parte della nostra eredità. Ma sappiamo che abbiamo pagato fino all’ultimo centesimo il nostro debito verso l’Occidente […] Questa è una pace dura, che ci costringere a cedere all’Unione Sovietica praticamente tutti i campi di battaglia sui quali avete sparso il vostro sangue in nome di tutto quello che considerate caro e sacro […] Le vostre gesta hanno suscitato ammirazione in tutto il mondo, ma dopo tre mesi e mezzo di guerra noi eravamo ancora soli […] Sfortunatamente la generosa promessa di aiuto dataci dalle Potenze occidentali non poté essere mantenuta, a causa dei timori dei nostri vicini per la propria incolumità. Essi hanno rifiutato il diritto di passaggio alle truppe alleate”. Era appena il 13 marzo 1940.

In sostanza Helsinki cedette l’istmo di Carelia, la città di Viipuri, le isole del Golfo di Finlandia, alcuni territori circostanti del lago Ladoga, lago incluso, e doveva concedere per 30 anni la penisola di Hango, permettendo di costituirvi una roccaforte sovietica, il tutto corrispondeva all’11% delle proprie risorse economiche e al 10% della popolazione. Infine i due Paesi si sarebbero impegnati a costruire una ferrovia per gli scambi commerciali, nessuno dei due avrebbe potuto unirsi a schieramenti o coalazioni contrarie ad entrambe le nazioni e la Russia avrebbe dovuto avere un più facile accesso alla Svezia. 

Fu un duro colpo, a posteriori si potrebbe dire non sufficiente per la Russia, che qualche mese dopo si ritrovò i finlandesi unitisi alla Wehermacht, tutti quei vantaggi contratti da un accordo favorevole non furono chiaramente letali per gli scandinavi, pronti a riscattarsi.     
         
L’equilibrio geopolitico era cambiato sensibilmente, lo rilevava Bluecher con un allarmante telegramma del 13 marzo, inviato al Ministero degli Esteri tedesco: il diplomatico affermava che nel Nord Europa la situazione si era solo apparentemente stabilizzata, in realtà nessuno sapeva cosa avrebbe potuto fare Mosca da quel momento in poi, la Svezia poteva cadere negli obiettivi sovietici, il Mar Baltico sottostava al dominio russo e quindi anche per la Germania questi erano tutti fattori da tenere in grande considerazione.


Per i britannici fu una umiliazione internazionale, in fretta e furia dovettero richiamare le prime imbarcazioni a largo, pronte per i rifornimenti, e il piano fu d’improvviso cancellato. 

I Primi Ministri Daladier e Chamberlain furono sfiduciati. Quest’ultimo in particolare tentò un’ultima difesa, ricordando quanto il Regno Unito avesse contribuito alla difesa finlandese attraverso l’invio ingente di armi e condannò l’inerzia di Svezia e Norvegia, ma intanto i due Paesi scandinavi, pur rimanendo rigidamente neutrali, avevano inviato anche loro armi e rispettivamente 8.000 e 800 circa volontari, cosa che gli altri non avevano fatto.

Rimaneva in piedi il piano per occupare la Norvegia e tutta la Svezia da parte britannica, Hitler lo aveva capito e giocò d’anticipo. Il 9 aprile l’operazione germanica era stata già portata a termine, almeno nei suoi punti fondamentali. I russi soddisfatti, avevano in questo modo un fianco coperto.
      
Il consuntivo della Guerra d’Inverno fu questo: 155 giorni di guerra, 130.000 mila russi caduti, 30 mila finlandesi uccisi, 9 divisioni finlandesi ressero il colpo massiccio delle 28 sovietiche. 
Fu un’impresa. La più grande nella storia della Finlandia.