(Prima Parte)
DIABOLUS IN FABULA. IL DIAVOLO NELLA LETTERATURA DA DANTE ALL'ESORCISTA
Diversi anni fa, una mia ex collega, seria e molto preparata, di fronte alle mie rimostranze sul Vaticano e in particolar modo sul Cristianesimo, mi disse: “Però se la Chiesa non fosse esistita chissà quante opere e capolavori non ci sarebbero oggi!”. Risposta: “Mah! Se è per questo cose straordinarie e meravigliose son state create ben prima della religione cristiana e poi in assenza di essa e della Chiesa!”.
In realtà anche il povero bistrattato diavolo di cose buone ne ha fatte! Eccome! Basti pensare quanti grandi artisti ed intellettuali ha ispirato lungo i secoli.
Tutto ebbe inizio 12 mila anni prima di Cristo, in Persia. Nello Zoroastrismo la divinità del male assoluto, Arimane, era il nemico per eccellenza di Ahra Mazda. Il suo nome era così terribile che talvolta veniva trascritto al contrario, 'Enamira', per scongiurare una qualsiasi pericolosa evocazione. Da Mefistofele, che in greco antico vuol dire “colui che non ama la luce”, si arrivò all'Antico Testamento dove il termine 'satan' (shn) aveva il significato di 'avversario', il quale disse a Dio: “Ho fatto giri per la terra ho vagato qua e là”, per poi insinuare senza esito la infedeltà di Giobbe, a quel punto “Satana uscì dalla faccia del Signore” (“Il libro di Giobbe”).
SANT'AGOSTINO a proposito di Lucifero scrisse che “il Signore non ha detto: fu estraneo alla verità, bensì: non ha perseverato nella verità” (“La città di Dio”).
DANTE de “Lo 'mperador del doloroso regno” ne fece una descrizione mostruosa: aveva “tre facce alla sua testa”, con “due grandi ali”, “non avean penne, ma di vipistrello”, “Con sei occhi piangea […] e sanguinava bava” ecc. (“Inferno”).
La “maraviglia grandissima” colpiva i diavoli nel veder arrivare in massa uomini all'Inferno, tutti che si “dolevano, non per altro che per avere preso moglie essersi a tanta infelicità condotte”, la scelta di verificare quel accadeva ricadde su Belfagor, il quale fu prescelto per venire al mondo e prendersi moglie, con esiti immaginabili per il povero arcidiavolo, secondo la fervida sagacia di MACHIAVELLI.
ITALO CALVINO, similmente qualche secolo dopo, al sue demone chiamato Diavolozoppo fece soffrire le pene della dannazione: “Aaah! Allora è vero che gli uomini vanno tutti all'Inferno per colpa di voialtre donne! Ora ho capito” (“Diavolozoppo”).
TORQUATO TASSO diede una delle più ferali descrizioni del “grande nemico de l'umane genti”: “Siede Pluton nel mezzo, e con la destra / Sostien lo scettro ruvido e pesante;”. “Si la grande fronte e le gran corna estolle. / Orrida maestà nel fero aspetto”, “Rosseggian gli occhi, e di veneno infetto, / Come infausta cometa, il guardo splende; / Gli involve il mento, e su l'irsuto petto / Ispida e folta la gran barba scende; / S'apre la bocca d'atro sangue immonda” (“La Gerusalemme liberata”).
Il poeta elisabettiano CHRISTOPHER MARLOWE fu tra i primi ad elaborare in chiave letteraria la medievale leggenda tedesca del Faust. Faustus: “Sì, Mefistofele, ti dono la mia anima”, Mefistofele: “Giuro nel nome dell'inferno e di Lucifero che tutte le promesse saranno mantenute” “La tragica storia del dottor Faustus”).
GOETHE, come sappiamo, ne tirò fuori un capolavoro; Mefistofele: “Se l'uomo questo illuso / microcosmo impastato di follia / abitualmente si ritiene un tutto / una parte son io di quella parte / ch'era, in principio, veramente il Tutto. / Una parte son io di quella Tenebra, / che partorì la Luce: / la tracotante Luce” (“Faust”).
Ci tornò sopra PUSKIN rilevando uno dei mali dell'esistenza e facendo dire a Faust: “M'annoio, diavolo” e Mefistofele: “Che farci, Faust? È tale a voi posto confine, / E nessuno lo varca” (“Poemi e Liriche”).
PAUL VALÉRY fece altrettanto, facendo proferire a Mefistofele una delle critiche più realistiche contro gli uomini: “Ciascuno di quegli esseri si è creduto unico nel suo genere, ed ha fatto, senza dubbio, tutto ciò che poteva per non avere alcuno che gli somigliasse […] Se vi conoscesse la sovrabbondanza di ciò che vi è più raro, e la quantità di uomini di primo ordine attraverso migliaia di secoli, il diamante dell'orgoglio precipiterebbe a zero”. (“Il mio Faust”)
FRANCISCO DE QUEVEDO, scrittore del XVII sec. poco conosciuto in Italia, fece dire al satanasso che “ai poveri mancano perfino i diavoli; ed è perciò che li lasciamo stare, mentre voi, a volte, siete più diavoli di noi” (“Lo sbirro indemoniato”).
JOHN MILTON ebbe la straordinaria genialità di presentarlo come nessuno è riuscito a farlo, trascrivendo quel suo lato umano, orgoglioso, nostalgico, mesto: “più lontani siamo da lui e meglio è […] Qui almeno saremo liberi; poiché l'Altissimo non ha edificato questo luogo per poi dovercelo invidiare, non ne saremo cacciati: vi regneremo sicuri […] meglio regnare all'inferno che servire in cielo” (“Paradiso perduto”).
A questo proposito il William Blake disse: “La ragione per cui Milton scrisse con tanto impaccio quando scrisse degli Angeli e di Dio […] è che egli fu un vero Poeta, e dalla parte del Diavolo senza saperlo”.
In modo simile il drammaturgo FRIEDRICH HEBBEL mise in bocca a Satana le seguenti parole: “preferisco essere distrutto che consacrami, anche solo per metà, al suo servizio!” ma Cristo gli predisse il fallimento della sua missione.
Un aspetto di umanità glielo dette anche PERCY B. SHELLEY poiché “Il diavolo, lo so per certo, non ha zoccoli né coda né forcone […] Il diavolo è quello che siamo anche noi” (“Peter Bell III”).
Se per WALTER SCOTT “Nel petto dell'uomo tu sei il più forte”, e per “tu” intendeva naturalmente il diavolo (“Il talismano”), nelle fiabe dei fratelli GRIMM: “Nostro Signore aveva ormai creato tutti gli animali […] aveva dimenticato soltanto la capra. Allora ci si mise il diavolo” che poi staccò a morsi le loro lunghe code e cavò loro gli occhi sostituendoli con i suoi, ecco perché era possibile trovare delle maligne somiglianze tra le capre e Satana.
L'afflitto LEOPARDI non poteva non farne un faro per le sue innate e incurabili depressioni: “Re delle cose, autor del mondo, arcana / malvagità, sommo potere e somma / intelligenza, eterno / dator de' mali e reggitor del moto”, “Vivi Arimane e trionfi, e sempre trionferai”, “Io sono stato, vivendo, il tuo maggior predicatore ecc. l'apostolo della tua religione. Ricompensami. Non ti chiedo nessuno di quelli che il mondo chiama beni; ti chiedo quello che nel modo è creduto il massimo de' mali, la morte. Non posso, non posso più della vita” (“Ad Arimane”).
Le azioni perverse potrebbero essere la “istigazione diretta dell'arcidiavolo” diceva il grande E. A. POE (“Il demone della perversità”).
La “quaternità” satanica di W. WHITMAN raggiunge vette altissime: “Nulla può il tempo su di me – io sono il Tempo”, lo “esecutore delle giuste sentenze”, “io sono il Dio che reca letizia, speranza, carità che tutto involge”, “Altero, insoddisfatto, io ordisco rivolte” e “Sebbene abbiano creduto d'avermi vinto e sgominato […] questo non accadrà mai”, “perché senza di me che mai sarebbe il tutto? Che sarebbe mai Dio?” (“Foglio d'erba”).
BAUDELAIRE ci offre una terrificante preghiera in suo onore: “di tutti gli Angeli il più bello e il più sapiente”, “vinto ti rialzi più volte”, “tu che sai tutto”, “padre adottivo di quelli che nella sua funesta collera cacciò Dio Padre”, “Satana, abbi pietà della mia lunga miseria!” e infine il gran colpo di coda luciferino:
“Gloria e lode a te, nel più alto dei cieli,
Satana, dove regnasti, e nel profondo Inferno
dove te ne stai vinto, sognando in silenzio!
Fa' che la mia anima un giorno si riposi
presso di te, sotto l'Albero della Scienza,
nell'ora che i suoi rami s'allargheranno frondosi
sopra la tua fronte, come un Tempio novello!”
(“Litanie a Satana”).
Ma forse la più bella e fantastica visione del Male ce l'ha offerta G. FLAUBERT, davanti al buio dell'Universo il suo Male corrisponde all'incomprensibile cosmico e umano, un Male che pare avere un suo principio nella profonda oscurità dei pianeti, degli astri, delle galassie; Antonio: “qual è lo scopo di tutto questo?”, il Diavolo: “Non c'è alcuno scopo!” e allora Antonio: “La verità della cause è la volontà di Dio!” e il Diavolo: “Ma ammetter in Dio molti atti di volontà significa ammettere molte cause e distruggere la sua unità! […] Non conoscerai mai l'universo in tutta la sua estensione; perciò non puoi farti un'idea della sua causa, avere una nozione esatta di Dio, e nemmeno puoi dire che l'universo è infinito: bisognerebbe prima conoscere l'Infinito! La Forma è forse un errore dei tuoi sensi, la Sostanza un'immaginazione del tuo pensiero […] Adorami, dunque! E maledici il fantasma che chiami Dio!” (La tentazione di sant'Antonio”).
Molti anni dopo SIMONE WEIL sembrò tornare per certi versi sullo stesso argomento: “Lucifero è probabilmente un astro che ha rotto l'ordine dei fenomeni celesti” (“Quaderni”) e molto meglio ancora fece il drammaturgo rumeno EUGENE IONESCO: “Un Grande Combattimento è in corso nel cosmo intero […] Si svolge anche qui – sulla nostra Terra e sulla nostra Terra sarà, è il combattimento decisivo – tra le Grandi Potenze Celesti e Infernali. Io sono in mezzo alla Lotta” ma è “non la battaglia finale prevista e sperata dai comunisti, ma un'altra, già iniziata in fondo al nostro cuore […] Tra un secolo, si saprà tutto” (“La ricerca intermittente”).
(Fine prima parte)