Intima ed irregolare rubrica libraria
Potrei sbagliarmi, ma non mi risulta che esista un’altra biografia italiana ante 1989 su Nicolae Ceaușescu, quindi il testo di Antonio Acone ha già di partenza un pregio non da poco.
C’è poi dell’altro di ancora più interessante, perché questa biografia, uscita nel 1974 e quindi a nove anni dalla conquista del potere di Ceaușescu, che di fatto è però quasi una agiografia, fu scritta da un intellettuale comunista, tuttavia ufficiosamente il PCI non aveva più dei buoni rapporti col dittatore romeno da tempo.
Quattro relazioni, in particolare, trascritte dalla metà degli anni Sessanta dai comunisti italiani denunciavano le crisi economiche delle Romania accusando la dirigenza politica romena, criticavano aspramente il culto della personalità dilagante e la censura politica che troncava qualsiasi dibattito tra i lavoratori e nel partito comunista romeno.
Anzi qualcuno andava oltre, ne contestava proprio la matrice socialista, sostenendo che il socialismo in Romania non ci fosse affatto.
Al di là di questo l’esperimento romeno fu apprezzato dal PCI perché, quanto meno, andava sganciandosi da anni dagli stretti vincoli sovietici.
Prevalse perciò nei primi anni Settanta il compromesso di Giorgio Napolitano, ossia la “critica, ma senza rottura”, però intanto i rapporti si erano molto allentati e i sospetti e i malumori dell’una contro l’altra parte e viceversa si erano fatti palesi.
Proprio nel 1974, l’anno di uscita di questo libro, Giorgio Napolitano andò a visitare Ceaușescu, ma l’esponente comunista italiano si convinse sempre più del distacco in atto e definì come un “problema serio” la situazione generale della Romania, consigliando di prendere le distanze e di allentare “i nostri rapporti con i romeni”.
Ovviamente Antonio Acone non parlò di tutto ciò, pensò a comporre la sua piccola apologia senza farsi prendere da alcun dubbio.
Il 26 gennaio 1918, Nicolae nacque nel villaggio di Scornicesti, nel sud della Romania. Di famiglia umile, dovette andare a lavorare sin da ragazzino a Bucarest. Da lì iniziò la sua lunga e impervia militanza politica.
Nel 1933 entrò a far parte del Comitato Nazionale Antifascista e nella Unione della Gioventù Comunista. Nel giro di pochi mesi fu più volte arrestato per i più disparati motivi: “incitamento allo sciopero”, “diffusione di manifesti lesivi dell’ordine dello Stato”, “azioni contro lo Stato” ecc. Era ancora minorenne, la sua giovane età gli permise di uscire prima del previsto dalle carceri ma era braccato, quindi scelse la via della clandestinità. Ciò non gli evitò ulteriori arresti e condanne.
Assieme alla compagna Elena Petrescu, che più tardi diventò sua moglie - titolatissima una volta al potere per i suoi meriti scientifici che si rivelarono in seguito non suoi - le attività politiche di Nicolae non diminuirono, al contrario, con altri compagni si infiltrò nelle corporazioni che la Romania aveva imitato seguendo il modello dell’Italia fascista.
Mentre Ceaușescu maturava esperienze a capacità politiche, la Romania si avvicinava all’Asse Roma-Berlino, partecipando all’assalto contro la Russia.
Invece del tutto sballate sono le definizioni che Acone dà sulla Guardia di Ferro, quando definisce i legionari “profondamente nazisti”, quando dice che la “Germania si servì di alcuni movimenti di estrema destra, ma soprattutto della ‘Legione dell’Arcangelo Michele’” e nel momento in cui scrive che Ioan Antonescu, dittatore tra il 1940 e il 1944, fosse “capo della Guardia di Ferro”.
Le difficoltà di Acone nel cercare di comprendere il fascismo o i fascismi erano e sono d’altra parte le stesse tuttora di tanti altri intellettuali di estrema sinistra che non hanno mai avuto il reale interesse di capire e analizzare la parte avversa.
Ceaușescu passò per le peggiori carceri del Paese, rischiò anche la vita per i blitz che i Legionari fecero nelle prigioni alla ricerca dei nemici della Nazione, prima di essere messi di nuovo al bando da Antonescu.
Il giovane riprese la sua militanza attiva una volta caduta la dittatura di Antonescu, rimesso in libertà entrò nel Fronte Unico Operaio della Gioventù, organizzando e partecipando a manifestazioni e proteste contro il Re Mihail, il quale per salvare se stesso, la sua famiglia e il Paese aveva orchestrato il golpe anti-Antonescu.
Le circostanze costrinsero il sovrano all’abdicazione, il potere passò al Primo Ministro Petru Groza e al segretario del PCR, Gheorghe Gheorghiu Dej.
Dopodichè Ceaușescu “fu eletto deputato nel 1946. Due anni dopo fu eletto membro supplente del Comitato Centrale, ed entrò nel governo come viceministro dell’agricoltura” e quello, per l’economia del Paese, era un settore molto importante; “Nel frattempo riuscì a seguire i corsi dell’Accademia Militare e a superarli brillantemente. Le competenze acquisite nell’accademia gli procurarono la nomina a viceministro delle Forze Armate e, con il grado di ten. gen., a capo della Direzione Superiore politica dell’esercito. Passò successivamente all’Ufficio Organizzazione del partito. Nel 1954 fu segretario del C.C. del Partito”.
La sua carriera era tutta in salita: nel 1965, con il decesso di Gheorghe Gheorgiu Dej, diventò segretario generale del partito, nel 1967 anche Presidente del Consiglio e nel 1974 pure Presidente della Repubblica grazie alla approvazione della nuova Costituzione.
Tutti i poteri erano concentrati nelle sue mani, inaugurò così quella che è passata alla storia come la “linea Ceaușescu”, che prevedeva “autonomia politica con soluzioni nazionali dei vari problemi interni ed esteri”, una linea dettata a suo avviso da consultazioni, in realtà inesistenti, con “l’intero popolo” disse al IX Congresso del partito del 1965, quando appunto diventò Segretario del Partito unico.
Naturalmente di tutte le pericolose conseguenze del “miracolo economico romeno”, strutturatosi su una forzata industrializzazione del Paese e su un indebitamento che la Romania pagò a caro prezzo, l’Acone non fu in grado e non volle per nulla metterle in conto.
Lo sganciamento parziale dall’URSS, iniziato con Gheorghiu Dej che aveva avuto due non piacevoli incontri con Kruscev, proseguì con Ceaușescu anche se il nuovo capo del Cremlino Brezhnev si era dimostrato più aperto a maggiori libertà d’azione dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia.
Eppure le questioni rimanevano insolute e le posizioni inconciliabili se il giornale sovietico “Pravda” arrivò a definire “deviazionismo di destra” il caso romeno, d’altra parte Ceaușescu in persona si era mostrato ufficialmente contrario all’invasione sovietica della Cecoslovacchia e quindi alla soppressione della Primavera di Praga con la forza.
A proposito delle divergenze “consideriamo che esse sono temporanee e operiamo per il loro superamento, per il rafforzamento della collaborazione e dell’unità di tutti i pesi socialisti” diceva il dittatore romeno Antonio Acone si apprestò a prendere immediatamente le difese del blocco comunista dicendo: “Il mondo occidentale si è spesso illuso nell’attesa di una frattura nel corpo dello schieramento politico-economico socialista. Per questo sono state riservate a Ceaușescu le etichette di «eretico socialista» e di «antisovietico».
Assertore – come Mao Tse-Tung, Jopsip Broz «Tito», Henver Hodia, - della «via nazionale al socialismo», peraltro cara a Palmiro Togliatti, Ceaușescu ha però tenuto la Romania sia nel Patto di Varsavia che nel Comecon, contribuendo in tal modo non all’indebolimento militare o economico del mondo socialista, ma ad una modernizzazione dell’ideologia socialista, con il superamento, ‘de facto’, di dogmatismi che avrebbero potuto confinare l’esistenza del mondo socialista in schemi al di sopra degli uomini e non a beneficio degli uomini”.
Le cose furono molto più complicate e lo furono fino al fatidico 1989, l’anno della caduta del Conducǎtor. Ne avevo parlato in altre due occasioni, sempre a proposito di altri 2 libri, per coloro che ne fossero interessati basta digitare i due link sottostanti:
1) C. Mutti: “Colpo di Stato a Bucarest”
2) M. Costa: “Conducator”
https://flaviocostantino.blogspot.com/2025/05/a-piede-libro-n-26-conducator.html