Intima ed irregolare rubrica Libraria - Anno III
UNA MORTE ANNUNCIATA
Beh dove si trova la Fletcher, una morte, una sola se va bene, è annunciata di sicuro.
“Una morte annunciata” è uno degli ultimi romanzi scritti da Donald Bain per la serie libraria de “La Signora in Giallo”, precisamente il 44esimo sui 46 pubblicati; uscì negli Stati Uniti nel 2015, dopodiché, passati quasi 30 anni a scrivere di morti ammazzati e di gialli risolti, toccò a Bain a passare a miglior vita. C'est la vie! Anzi c'est la mort! Che ci si può fare...
Siamo nella sorridente cittadina di Cabot Cove, dove l’assassinio è a portata di mano, quindi sorridente sì ma anche più criminale di tutto il nord America preso in blocco.
Quasi tutta la storia gira attorno a una meravigliosa dimora del 1805, costruita in stile coloniale, e che si affaccia sulla baia, una casa con il più bel panorama del paesello.
A ciò ci si aggiungono i vari ingredienti di un tipico giallo buono per riposare e stare tranquilli ma non troppo, ci si mette qualche sospetto sull’esistenza di ipotetici fantasmi, alimentata dall'inarrestabile vocio di paese, una donna bislacca che di professione parla con gli ectoplasmi, ma soprattutto gli arcinoti e spassosi concittadini di Jessica, dallo sceriffo Mort che ad un tratto, dopo anni di mattanze, si sveglia e dice “Certo che abbiamo avuto un bel po' di omicidi a Cabot Cove non trova?”; al salace dottor Seth che ce l’ha coi motociclisti ma anche un po’ con tutti, vivi o defunti che siano: “Se dovessi andare ai funerali di tutte le persone che ho curato nel corso della mia vita, non uscirei più dal cimitero […] vorrei passare almeno un paio d’ore in studio. Devo occuparmi anche dei vivi”, alla vanitosa e involontariamente divertente agente immobiliare Eve Simpson e al suo cane strambo e così via.
Ed è proprio grazie a questi noti e cari personaggi che questo giallo, come spesso accade, tiene un buon ritmo fino a quasi la metà del totale delle pagine, poi i difetti saltan fuori, gli stratagemmi e i colpi di scena diventano attesi e talvolta scontati o esagerati ma ci sta, è tutto nella norma pure perché Bain, appunto, aveva scritto molto sulle disavventure della nostra attira omicidi Jessica.
Di D. Bain avevo letto il suo “Dinner party con cadavere” del 2004 (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10224187100736698&id=1577107649) e posso dire che la sua penna è in fondo in fondo più modesta; in “Una morte annunciata”i cadaveri son solo due alla fine della fiera, il nuovo sostituto di Bain, Jon Land, nel suo ultimo lavoro “Un delitto sotto l’albero”, uscito prima del Natale scorso, di omicidi in un sol romanzo ne ha tirati fuori la bellezza di 4! (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10224751796973751&id=1577107649).
Insomma il defunto e assassinato proprietario della storica casa era un collezionista compulsivo di libri, uno che diceva che i libri “non sono mai sgarbati, a differenza degli esseri umani”; sparsi nelle stanze senza un ordine ce ne sono a migliaia e migliaia e ancora migliaia.
Alla sua dipartita perciò si decide di non gettare al macero quello straordinario capitale ma alla biblioteca locale “non vogliono titoli pubblicati prima del 2000”… ma quale biblioteca del mondo rifiuterebbe dei testi pubblicati prima del 2000, però, al contrario, si prenderebbe i proventi derivanti dalla vendita di quei testi grazie ad un mercatino organizzato da Jessica!?!!
Bah!!
Anche se mi è capitato di vederne alcune gettare testi, anche di rilievo...
Un passaggio in particolare invece mi ha risvegliato un ricordo personale, precisamente quello in cui lo sceriffo Mort chiede: “Ha davvero letto tutti i volumi che ci sono là fuori?” e la Fletcher: “Credo di sì”.
Bene, un mio caro professore universitario, un saggista, con diverse pubblicazioni anche all’estero, tutte di altissimo profilo, una volta mi disse: “Che stupide che sono le persone quando vedono la mia biblioteca con tutti quei libri e mi chiedono: «ma li ha letti tutti?»”, ovviamente no, è umanamente impossibile farlo, di vite ce ne vorrebbero 10 e non basterebbero lo stesso.
Bain ne approfitta per citare diversi titoli, alcuni classici della letteratura mondiale, ma anche per inventarsene qualcheduno e per auto-citarsi nel momento in cui tira fuori “Rum & delitti” scritto da lui nel 1995, il suo terzo volume de “La Signora in Giallo”. Curiosamente tira pure qualche qualche colpo basso ad alcuni suoi colleghi quando ad uno dei protagonisti fa dire: “hanno cominciato a spuntare romanzi sui vampiri da tutte la parti. ‘Twilight’ è stata la goccia finale”.
Ma un mezzo sgambetto sembra farlo anche alla J. K. Rowling, allorquando Jessica, messa davanti a tre tipologie di francobolli all'ufficio postale per una spedizione, non sceglie quelli dedicati alla saga di ‘Harry Potter’ ma quelli sugli uccelli che vivono negli degli Stati Uniti.
Usuali anche le sue stoccate alla categoria dei giornalisti, tuttavia, come in altre occasioni, poi ripiega alleggerendo i colpi, alla fin fine sono sempre i giornalisti che recensivano le sue opere, a volte senza pietà nel peggiore dei casi, nel migliore proprio non se lo filavano ma tanto i lettori non gli mancavano lo stesso, solo che quella categoria era meglio inimicarsela sebbene non troppo.
Le citazioni poi arrivano fino al vecchio e famosissimo gruppo pop-rock degli anni Ottanta, gli ‘Huey Lewis And The News’, ci scappa anche un pochino di italianità, di spaghetti e mandolino, anzi solo di spaghetti stavolta, poiché viene menzionato il ristorante italiano Peppino’s dove la nostra investigatrice andrà molto volentieri a desinare. Si fa inoltre in tempo anche a spiegare la differenza tra hard boiled, noir e gialli, i “primi sono storie poliziesche molto più violente e ciniche rispetto ai gialli […] i noir sono invece cupi, neri appunto, come dice la parola”.
La nostra Jessica è sempre lei, una vedova acuta alla quale non sfugge nulla ma che toglie un po' di pazienza agli altri, sfiniti dalle sue lucide deduzioni: “Non avrai intenzione di mettere in discussione un caso già risolto, vero?”; passo dopo passo infila indizi e prove fino alla scoperta finale.
Come sanno i più affezionati, la Fletcher è una donna che ha accolto la tecnologia senza farne un abuso, infatti il suo cellulare talvolta le può essere perfino di impiccio, può capitare che lo dimentichi ovunque, meglio una delle tante sue tazze di tè! Questo perché la tecnologia dà tanti vantaggi ma ha anche dei grossi e incalcolabili limiti, visto che uccide quel soffio di romanticismo della vita: “Ormai usiamo i GPS o le applicazioni del cellulare, che sono molto utili, ma mostrano solo una piccola parte del percorso. Non ti danno il quadro generale della zona come quelle belle mappe di una volta”.
È fatta così: “Nel corso degli anni ho visto molti cadaveri, ma è uno spettacolo a cui non riuscirò mai abituarmi”, anche se è pur sempre strano perché ha visto più salme lei che 7/8 becchini messi assieme dopo il loro pensionamento per raggiunti limiti d'età! Poi alcuni fanno finta di niente, altri, giustamente, temono le sue influenze negative: “Scommetto che è tutta colpa sua. Ho capito che portava guai dal primo momento in cui l'ho vista”. L'autore poi la rende un pochino buonista facendole dire: “Gli uomini sono altrettanto capaci di allevare un bambino”, ma sappiamo tutti che la mamma è quasi sempre la mamma, anche se viviamo in un epoca di ipocrita perbenismo imposto in cui non si possono dire molte cose naturali che si dicevano in passato.
Infine ci viene rivelato il vero motivo per cui Jessica tempo prima aveva mollato la sua residenza nella Grande Mela: “Incredibile quante stelle si riescano a vedere in campagna. È una delle ragioni per cui ho lasciato New York e sono tornata a Cabot Cove. Volevo vedere di nuovo le stelle” e mi sembrano delle ottime e meravigliose motivazioni.
Ci sono luci e luci, ombre e ombre, basta saper osservare e cogliere la bellezza.