domenica 13 luglio 2025

A PIEDE LIBRO n. 56 - Volontari germanici sul fronte dell'est. Testimonianze e foto dei corrispondenti di guerra della Waffen SS

A PIEDE LIBRO n. 56
(Intima ed irregolare rubrica Libraria) - Anno III

VOLONTARI GERMANICI SUL FRONTE DEL'EST. TESTIMONIANZE E FOTO DEI CORRISPONDENTI DELLA WAFFEN SS 
“Speriamo che con questo volume venga rotto il silenzio su questi volontari e sul loro valore”: si chiude in questo modo questa pubblicazione del 1943 di Benno Heinrich Schaeppi, un giornalista-combattente svizzero, arruolatosi volontario nelle SS. 

Il testo, promosso dal Leitstelle (Ufficio per le Relazioni germaniche che si occupava di assistenza agli stranieri di razza germanica, guidato da Franz Riedweg, uno dei primissimi volontari entrato nelle Waffen – SS), lascia alquanto sbalorditi poiché ci si aspetterebbe di leggere delle pagine intrise della più faziosa e cieca propaganda e invece ciò non accade!

Naturalmente è uno scritto che doveva incentivare l'arruolamento volontario ma tuttavia non nascondeva affatto la durezza del terribile conflitto, che comunque stava unendo in un nuovo patto di fratellanza i popoli nordici.
 
Ognuno di questi giovani aveva dovuto superare delle resistenze personali, familiari, perfino quelle imposte dalle loro nazioni d'appartenenza, per poter andare ad Est e per combattere  il bolscevismo, nessuno di loro aveva un obbligo, tutti partivano con la convinzione di aver avuto l'opportunità e la “fortuna” di vivere in quell'epoca di grandi mutamenti che anche da loro, nel loro piccolo, dipendevano. 

Per evidenti motivi d'opportunità, nel pamphlet, i nomi di questi ragazzi rimangono quasi tutti nell'anonimato, come i posti in cui furono mandati a far fuoco. 

Tutto vero? Tutto falso? 

Difficile in toto a dirsi, in ogni caso è tutto molto verosimile e ci sono alcuni passaggi storicamente accertabili che rendono ancora più interessante questo scritto. 

Per un mondo nuovo si lottava, “Questo è il motivo del perché sono qui a combattere e non là vicino a te, amore mio. Qui si spara e non si parla, qui sono nel pantano russo e procedo lentamente […] Doniamo la nostra vita alla Germania, alla quale sono legato e per la quale muoio”, poiché nelle “mie vene scorre il sangue tedesco”.

Al di là delle motivazioni individuali, da queste intense righe traspaiono la crudeltà e la drammaticità degli eventi: gli inarrestabili bombardamenti subiti, le fitte grandinate di proiettili, le gambe volate via di un commilitone, i camerati che non tornano più, i superiori che seguono il triste destino dei sottoposti, i boschi e i villaggi cancellati nell'arco di poche ore dai cannoneggiamenti, i folli quanto sovraumani eroismi giornalieri, la sorprendente scoperta dei micidiali Dauerwellen o Stalinorgel o meglio note come batterie di lanciarazzi Katyusha, i propri Stukas che spianavano la strada per l'avanzata e che imprimevano il terrore tra le fila dei nemici, l'impazienza prima dell'approssimarsi dell'assalto, l'impenetrabilità dei pesanti carri armati sovietici, il freddo, l'incredibile freddo che faceva scendere le temperature a -30° ancora nel mese di marzo, i corpi dei soldati rintanati nelle fangose, sporche e gelide buche, gli incessanti tentativi di infiltrazioni dei soldati dell'Armata Rossa, le “pesanti perdite” e le grida dei compagni d'armi, le valanghe di nemici che con un riflusso costante si scagliavano contro ecc. 

Tanti, tantissimi i russi catturati ma i “numeri comunque significano poco”, di fronte rimaneva quella distesa immensa di terre e di altrettanti soldati da sconfiggere, nondimeno “da Mosca, ci separano ancora due importanti città”. 

I continui rimpiazzi erano la normalità perché normale era perdere la vita in quella perpetua decimazione: “Sai già che il tuo camerata M. è caduto?”. Ognuno consapevole di quel che gli aspettava, alcuni si erano talmente preparati che avevano scritto anticipatamente la loro lettera di addio ai cari genitori: “la mia morte è stata volontaria e prematura. Noi siamo come le foglie dell'albero, esse, quando si trasformano, appassiscono e cadono! Poi, l'albero ricresce! State tranquilli, nonostante tutte le incertezze, io sono tranquillo. Io ho fatto del mio meglio”, il resto dipendeva dagli altri, “Quanto più  il mio popolo vedrà in me una parte di questo disegno, tanto più io resterò oggi e sempre una parte di tutto questo”.

Innumerevoli le file di buche utilizzate per seppellire i propri camerati, sparse anche qua e là, le fosse talvolta avevano la runa della vita e della morte piantate sopra; le strade erano inestricabilmente impervie, la neve scendeva copiosa e cancellava le tracce dei combattimenti che sporcavano tutte le zone circostanti ma l'ordine da Berlino era arrivato, si marciava verso la Capitale moscovita, circondata da una cintura di fuochi di colpi. 

Nel mentre si leggeva Dostojevskij tra i commilitoni, la Russia non era l'URSS. Per estraniarsi da quell'atmosfera di annichilimento poteva bastare il ricordo delle trasmissioni radiofoniche dell'autunno precedente, quando la sera si poteva ascoltare Beethoven, oppure il ritrovamento di uno spartito e allora la mente iniziava a viaggiare altrove, lontano da tutto. Immancabile la foto della ragazza tenuta come una reliquia, una giovane dalla splendida capigliatura bionda, bellissima, nordica, pura e poi “l'occhio incantato; un ramo di salice fiorito!”, i primi cenni della fine del terrificante inverno comparivano e quello stupore della Natura “Ci insegna che nessuna oscurità può essere così forte da non poter essere superata dalla luce”.
  
Riecheggiava la voce dei discorsi del Führer che dava loro manforte nei momenti più difficili, era sufficiente il suo tono, in ogni caso davanti a quella furia non vi era nessuna lamentala, nessun mugugno, nessuna ribellione e nonostante tutto si avanzava.

Bisogna tenere in conto che, anche sotto questo aspetto, il presente libello non trae in inganno perché le truppe del III Reich effettivamente proseguirono le loro conquiste fino all'autunno del 1942 e la pubblicazione di questo volume, si ribadisce, avvenne solo qualche tempo dopo.

Finlandesi, olandesi, svedesi, norvegesi, danesi, svizzeri e il loro incalcolabile entusiasmo ma pure il loro sbigottimento quando un aereo atterrava in una pista di fortuna tra la neve e li lasciava lì, nel nulla; a quel punto  i giovani, per la prima volta, si rendevano conto che più niente sarebbe stato come prima. Il dovere e il richiamo degli ideali li rendeva resistenti a qualsiasi urto, almeno fino all'ultimo respiro. 

Non vi erano differenze tra di loro, la stessa divisa li rendeva identici ai tedeschi, pur parlando lingue diverse erano tutti uguali, il sangue germanico li faceva appartenere alla stessa famiglia, oltre i confini, le nazionalità, le proprie culture e consuetudini. 

Viene invece esplicitamente celebrato il “vichingo”, Christian von Schalburg della 'Freikorps Dänemark'. Entrò a far parte della Waffen SS il 22 giugno 1941, era un veterano della campagna anti sovietica di Finlandia; solo per due settimane comandò la FD poi, a sud di Leningrado, un'orda nemica si avventò su di loro: “Sono i Calmucchi e i Kirghisi, che si lanciano in avanti. Si fanno strada delle brutte facce proprio come i soldati di colore nel 1940, durante la battaglia sul fronte occidentale contro le forze alleate e le truppe di colore francesi”.

Viene fatto anche il nome di Gerardus Mooyman, un ragazzino dal fisico minuto che si era presentato in precedenza per partire. Fu scartato alla visita dei 17 anni ma appena cresciuto ci riprovò e diventò uno specialista nel distruggere i carri armati sovietici, tanto da meritare una alta decorazione.

Per ognuno tornare a casa per il congedo era quindi un evento straordinario, in special modo perché la prospettiva mutava completamente.

La precedente quotidianità, con tutte le sue piccolezze e tutte le sue sfumature diventava qualcosa di unico, le vecchie abitudini venivano colte nella loro semplice essenza, ogni cosa appariva nella sua limpidezza delle forme e dei colori, questo è quel che accadeva prima della ripartenza per il fronte e per l'idea di tutta una vita, si tornava dove “La morte regna intorno a noi”, lo si faceva per la propria amata Patria, ma si era pienamente coscienti che “Anche qui prima fioriva la vita. Poi l'odio ha preso il sopravvento e ha distrutto tutto!”                

                    *          *          *

“Il 20° secolo, è il secolo della rinascita del popolo germanico. Tutti i popoli tedeschi e germanici sono pronti per la battaglia. Salutiamo, in qualità di camerati e fratelli, gli uomini di sangue germanico che si sono schierati e uniti volontariamente nel combattimento per una nuova Europa”

Obersturmbannführer Franz Riedweg

“Per millenni, i nostri popoli di sangue germanico hanno percorso un cammino che per secoli ha dato vita a grandi storie, ma mai hanno pensato alla grande Patria comune di tutti gli uomini di sangue germanico. Allorquando gli uomini inferiori hanno voluto iniziare la loro battaglia contro gli stati dell'Europa, in questo periodo di grandissima necessità, il destino ha saputo offrire a tutti noi il Führer, ed ora abbiamo la possibilità di vivere con i nostri uomini in questo grande periodo. Abbiamo quindi l'occasione di dimostrare di meritare l'insegnamento dei nostri avi e di tramandare ai nostri nipoti il nostro valore” 

Reichführer SS und Chef der Deutschen Polizei, Heinrich Himmler  

N.B. Il testo è ristampato dalla Associazione Culturale Ritterkreuz nel 2017 e all'interno vi si ritrovano tutte le foto e i disegni inseriti nella pubblicazione originale.