martedì 16 settembre 2025

A PIEDE LIBRO n.154 - La Tradizione Occidentale: sulla Provvidenza, il Sapienziale e l'Eroico - La visione magica del Gruppo di Ur - Julius Evola

A PIEDE LIBRO n.154
Intima ed irregolare rubrica libraria - Anno VI

LA TRADIZIONE OCCIDENTALE: SULLA PROVVIDENZA, IL SAPIENZIALE E L'EROICO. 

LA VISIONE MAGICA DEL GRUPPO DI UR


Vengono riproposti in questo libretto due scritti di Evola, poi pubblicati in una raccolta dell’associazione esoterica Gruppo di Ur, che però l’autore non inserì nelle varie edizioni della collezioni di articoli contenuti in “Introduzione alla magia”, a partire dalla prima del 1929 alla terza del 1971.

SUPERAMENTO DELLA PROVVIDENZA

La “mania dei moderni, di cacciar tutto negli schemi dell’evoluzione, del progresso, del «superamento» […] La storia è fatta dall’apparizione di poteri, che manifestano delle date possibilità, intrecciandosi o interferendo […] Nulla si «supera»: alcune cause cessano di manifestarsi, si allontanano, altre dinamicamente subentrano  […] la legge è quella di una semplice, isolata ‘diversità’ […] La storia espone la realizzazione di alcune possibilità, le quali peraltro sono virtualmente presenti […] La «storia» non ha, e mai ha avuto, la legge di un «bene» e di una «perfezione», «Dio», non è che una possibilità, una fra le tante che furono e che possono essere scelte dagli esseri in vie di ascesa e di discesa secondo la loro volontà e la loro azione […] Non vi è bene e non vi è male; non vi è motivo d’odio e non vi è motivo di amore. Ogni essere è quello che è, ha la sua via, è una causa che sviluppa le possibilità proprie a ciò cui si è identificato”.

Per ribadire una parte di questi concetti Evola citò anche Eraclito: “La via in alto e in basso è una ed identica”; va inoltre sottolineata la sua menzione dell’antropologo James Frazer e della sua opera tuttora fondamentale “Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione”, edito una prima volta nel 1890 e poi ristampato e ampliato negli anni successivi.       

SUL SAPIENZIALE E L’EROICO E SULLA TRADIZIONE OCCIDENTALE

Il passaggio dei valori della Tradizione avviene solitamente tra élite, ma “può anche accadere che l’occulto si palesi e domini: ossia che tutte le attività di una razza, in una data epoca, vadano ad organizzarsi intorno a questa élite”. 

Alla Tradizione si giunge tramite la “Azione” e la “Contemplazione”, ma è con la critica al Cristianesimo che Evola scrisse i passaggi migliori e più interessanti, partendo da queste premesse appena riportate. Il 1928 vide, tra le altre cose e quindi non a caso, l'uscita del suo “Imperialismo pagano”:
“Senza dubbio il cristianesimo e ancor più il cattolicesimo, ha avuta la potenza di organizzare secolarmente razze molteplici sotto ad un unico corpo di dottrine e di credenze. Ma noi contestiamo, ed energicamente, che cotesto corpo abbia un carattere metafisico […]  La fede, la speranza, la carità, il «bisogno dell’anima», il «timore di Dio», col restante carico di sentimenti del genere – si stia pur certi che non ha mai portato di un passo di là da ciò che è semplicemente umano, né ha mai avuto a che fare con la «spiritualità»: con la «spiritualità» tanto di una tradizione eroica, tanto di una tradizione sapienziale”. Quindi una ricerca della via della Tradizione tramite il “mondo moderno” e il “mondo cristiano” darebbe senz’altro un esito negativo.

Nonostante la modernità l’eroico e il tradizionale li si trovano nel “substrato del mondo mediterraneo precristiano, e che per sua ultima manifestazione ebbe la tradizione imperiale di Roma […] i cui i più lontani echi peraltro sono indelebili sin nell’Occidente d’oggi”. 

L’eroico è azione, è stile nel senso di uno stile di una “tradizione di navigatori, di conquistatori, di colonizzatori – nel mondo epico e solare romano, omerico e odisseico”; l’eroico è “forma” e “differenza”, dove fisico e metafisico sono un tutt’uno, come il corporeo e lo spirituale, come il materiale e l’immateriale. Intellettualismo, materialismo, individualismo, anti-misticismo, anti-universalismo e, in generale tutto quel che è separazione di questa unità, rappresentano gli elementi della modernità e delle sue disintegrazioni; “restituzione”, “ritorno”, “riscatto dalla caduta”, “l’avvento della nuova razza” è stato modificato dalla alterazione delle religioni secolarizzate.

Dal Crepuscolo degli Dei, alle ere degli uomini e degli eroi fino all’epoca dell’individuo annullato, la parabola discendente tracciata sembra questa. 

Evola tornò di nuovo sul “cristianesimo, il cui spirito è asiatico, è una contraffazione di una tradizione di tipo sacerdotale, la quale ha dato la scalata ad una tradizione di tipo eroico, quale era quella dominante l’arcaico mondo mediterraneo. 

Ma questa scalata è stata possibile al cristianesimo, solamente in quanto adottò a sé forme di una tradizione non-sacerdotale, tratte specialmente dalla romanità. 

Così nel medioevo feudale e cavalleresco cattolico esso ebbe il suo periodo d’oro”; “teoricamente convertito alla morale cristiana, praticamente l’Occidente è restato pagano; e solo praticando i principi opposti a quelli che la sua «religione» originariamente gli aveva imposti, è giunto a crearsi quel posto nel mondo, che esso ha”.

In definitiva il cristianesimo è quindi è una “contraffazione” di una tradizione sacra, la modernità lo è della tradizione di tipo guerriero
Un altro passaggio di un certo interesse del pensiero evoliano è dato dalla sue prese di distanze da quello che comunque il filosofo italiano considera un maestro della Tradizione, ovverosia Réne Guénon. 

A proposito dell’azione e della individualità, abusate nell’epoca odierna secondo Guénon, Evola rispose così: riguardo la decadenza spirituale d’Europa “Noi diciamo proprio il contrario, ossia che tale causa risiede nel fatto che i moderni, nel loro incomposto agitarsi, nella loro meccanizzazione, nella legge della quantità, della socialità dell’oro, del sapere impersonale della quantità, della socialità dell’oro, del sapere impersonale e del cieco «divenire», non sanno assolutamente più che cosa sia veramente azione”, ma l’errore di Guenon, secondo Evola, era soprattutto quello di credere che il cattolicesimo potesse riacquisire le forme della Tradizione, “Affermiamo invece il contrario, ossia che quanto prima gli occidentali si sbarazzeranno della «religiosità», tanto meglio sarà per essi, e tanto più prossima, forse, sarà una soluzione di salvezza sulla loro linea […] ne costituiranno una – improntata dal carattere libero, guerriero, nordico-mediterraneo”. 

Del resto su “il cristianesimo: che è una contaminazione semitica alla quale continuiamo a negare il carattere di una «tradizione» nel senso superiore del termine”, ci sarebbe “da discutere, se originariamente la tradizione giudaico-cristiana, tradizione tutt’altro che pura e «metafisica», sia stata la depositaria della «tradizione primordiale» come vuole il Guénon”.

Durante il Ventennio perciò Evola arrivava a questa conclusione: “l’Occidente si dice cristiano e cattolico, ma dall’esserlo, è lungi quanto mai, appunto per la sua radice guerriera; epperò oggi, praticamente, è assai più prossimo ad una restaurazione in senso romano e pagano che non in senso religioso-cristiano”.