martedì 6 maggio 2025

La valigia di Mussolini - Gaetano Contini

“La valigia di Mussolini” è il primo libro, ma pure l'ultimo ad oggi, sempre se non erro, che tratti nello specifico di quei documenti che Mussolini si portò con sé fino al momento della sua cattura. 

Davanti al sottotitolo “i documenti segreti dell'ultima fuga del duce”, verrebbe spontaneo chiedersi subito: ma perché di fughe ce ne furono altre? 

Altri dubbi vengon fuori leggendo la bandella: “Ma al partigiano che nel municipio di Dongo gli contesterà l'assassinio Matteotti e le persecuzioni contro gli operai, egli rivolgerà uno sguardo smarrito, senza saper più rispondere” e la stessa frase la ritroviamo al termine di questo saggio; naturalmente questa era, ed è tuttora, una di quelle affermazioni ad effetto che fanno un po' comodo alla vulgata storica, facilmente però smontabile perché di quali “persecuzioni contro gli operai” si parla nel particolare? Possibile per davvero che Mussolini tacque in quelle circostanze per tanti motivi, ma che rimasse addirittura smarrito davanti all'accusa rivoltagli sul caso Matteotti la cosa appare alquanto improbabile, dato che su quel crimine, soprattutto durante il periodo della RSI, aveva accumulato documenti su documenti che, secondo lui, provavano l'esistenza di una pista internazionale composta da una serie di potentati, i quali avevano avuto come obiettivo quello di incastrarlo nel 1924, usando il cadavere del parlamentare socialista, fatto fuori da loro appositamente.

Detto ciò l'autore di questa ricerca ha uno di quei nomi di peso poiché, all'epoca della pubblicazione, ossia nel 1982, era dirigente dell'Archivio Centrale di Stato e si occupava proprio degli archivi del fascismo, eppure qualcosa, anzi diverse cose sembrano non tornare: tanto per cominciare si può escludere con certezza, come fa in pratica Gaetano Contini, che gli unici documenti reperiti siano quelli resi ufficiali quando sappiamo invece che tanti di quei fogli passarono da diverse mani? 

Si escluda pure il fantomatico carteggio Churchill – Mussolini, ma è altrettanto giusto non ipotizzare che ci sia stato un qualcosa di simile o qualche non improbabile contatto visto che predisposizioni ci furono eccome in tal senso? 

La tesi di Contini, quella di un Mussolini che portava con sé una borsa di cuoio piena zeppa di carte per giustificare solo se stesso e il fascismo, convinto che dalla Svizzera, dove avrebbe voluto mettersi al riparo secondo lo storico (ma anche qui di certezze invece non ce ne sono affatto), avrebbe pianificato la sua difesa politico – storica internazionale, sembra proprio che faccia acqua da molte parti. In gioco a quel punto ci stava l'Italia e la sua salvezza davanti alla catastrofe; quello che in tutta evidenza manca sono tutte le prove possibili ed inimmaginabili accumulate in più di 20 anni di Regime contro chi aveva voluto il nostro Paese al servizio di qualcun altro o di qualcos'altro, una nazione ostacolata in tutti i campi da chi deteneva il potere in buona parte del globo. 

Sembra dunque persino superfluo ribadirlo ma ogni tanto è giusto ricordarlo viste le diffuse quanto calcolate reticenze, che quella del Duce fu una battaglia personale che diventò nazionale e che condusse specialmente e rovinosamente contro quell'imperialismo democratico inglese che spadroneggiava ovunque, perfino davanti alle nostre porte di casa: nel Mediterraneo. 

E allora è plausibile che non si sia trovato uno straccio di prova, una delle moltissime che potevano essere state archiviate in quei 2 decenni?  No! Contini è stato un ottimo burocrate, sarà stato uno speciale dirigente e archivista, ma lo storico probabilmente, sul piatto della bilancia, alla storia già scritta deve esser in grado di contrapporre i leciti dubbi e tutte le lacune del caso e qua ce ne sono a dismisura. 

Qui, quindi, quello che appare carente è l'approccio di per sé, il metodo utilizzato, anche se sicuramente quella dell'autore rimane nei fatti una operazione notevole pure perché, appunto, per la prima volta rese pubblici una serie di documentazioni lo stesso importanti.

C'è insomma il grande rammarico che uno straordinario indagatore come Renzo De Felice non sia arrivato in tempo a trattare questo argomento e più in generale quello della morte del Duce, probabilmente tra i più difficili da studiare per quel che attiene tutto il Novecento, in quanto ancora troppi vuoti sembra proprio che debbano esser colmati, vista la contraddittorietà degli eventi, delle testimonianze e di quel che sappiamo che non sembra esser poi molto e che di sicuro non è abbastanza almeno per chi non vuole accontentarsi delle pagine già scritte e fin troppo ordinate.

A meno che non sia andato appositamente distrutto ci sta ancora molto da scoprire in qualche grigio scaffale di qualche stanza di partito, istituzionale o perfino massonico.     

L'archivio personale del Duce cadde in mano chiaramente a Badoglio dopo il 25 luglio 1943, tornò al suo proprietario dopo la fuga del Re, ma nel frattempo era stato opportunamente alleggerito proprio dai fascicoli riguardanti la famiglia reale. Altri faldoni andarono perduti, alcuni furono distrutti, una buona parte rimasero a Roma e caddero in mano agli Alleati, in diversi “c'erano le prove di quanto il Governo repubblicano aveva fatto per evitare la guerra civile e la totale manomissione tedesca sull'Italia non invasa dal nemico; le prove del malvolere inglese che aveva condotto alla guerra; le informazioni segrete sui massacri predisposti dai comunisti” disse in seguito Carlo Silvestri, vecchio socialista e il più grande accusatore di Mussolini dopo il delitto Matteotti ma che si avvicinò al Duce durante la RSI convincendosi, dopo aver visionato le carte passategli proprio da Mussolini, che nel 1924 era in realtà accaduto qualcosa di diverso da quel che si raccontava e si voleva credere.

Silvestri, poi fortemente screditato dall'antifascismo nel dopoguerra, fu uno di coloro che aiutò il capo della Repubblica Sociale ad ordinare quell'ultima documentazione, parte della quale andò a finire in quella famosa valigia.
 
In quegli ultimi trafelati giorni dell'aprile '45 una cassa di zinco, dove erano stati depositati i documenti, rimase alla Prefettura di Milano, probabilmente per errore, l'altra andò perduta quando uno dei camioncini della colonna dei fascisti andò in panne e si fermò per strada.

Non rimaneva così molto, ma quel che era più importante lo teneva con sé il Duce. 

Al partigiano Urbano Lazzaro, detto Bill, Mussolini, una volta arrestato e privato della sua borsa, disse: “vi sono documenti molto importanti per il domani dell'Italia […] Guardi che i documenti, che vi sono lì dentro, sono segreti. L'avverto che hanno un'importanza grandissima”.
          
Suona tutto un po' strano quando si viene a sapere che in quella borsa vi erano alcuni appunti e i pro – memoria sull'eventuale spostamento dei gerarchi e del governo repubblicano nella Germania meridionale, lo stesso vale per quelle poche carte su quello che Contini chiama il “bluff” del Ridotto valtellinese, anche un articolo di giornale con stampato il discorso di Mussolini del 1° dicembre 1921 e la lettera di dimissioni del presidente del gruppo parlamentare fascista del 1922, forse con l'intento di dimostrare che fu il fascismo a salvare l'Italia dalle sommosse comuniste? 

Così la pensa Contini ma le perplessità non svaniscono. 

Molto più consistente era la cartella che conteneva i verbali e quant'altro del biennio 1924-1925 in relazione al movimento antifascista 'Amici del popolo' e relativi collaboratori – tra i quali vi si ritrovavano gli eredi Garibaldi e il deputato Tito Zaniboni oltre che altri e strani personaggi - ai diversi attentati che Mussolini subì e alla inestricabile rete delle Massonerie che compariva in un modo o nell'altro dietro ogni congiura. A proposito di logge massoniche vi erano presenti anche alcune cartelle di affiliati, vi erano pure quelle inerenti a protagonisti di spicco del fascismo, tra gli altri Balbo e Farinacci.

In questo caso il Duce voleva dimostrare che il Paese era sotto attacco di alcune consorterie italiane ed estere poiché si stava tentando di alzare la testa come prima non si era fatto mai in Italia.

Un gruppetto di fogli riguardava poi i sovversivi comunisti presenti nell'area triestina e dalmata mentre i rapporti con la Chiesa si riducono ad un solo rapporto scaturito da un incontro tra il Duce e il Papa avvenuto l'11 febbraio 1932, dal quale si evince una apparente concordia tra Regime e Vaticano, dopo che i rapporti si erano molto incrinati tra PNF e Azione Cattolica, successivamente alla sottoscrizione dei Patti Lateranensi. 

Tra le altre cose Papa Pio XI disse: “vi è un triangolo dolente che aumenta il nostro dolore: il Messico, Paese infeudato totalmente alla massoneria; la Spagna dove lavorano massoneria e bolscevichi; e la Russia che procede nella sua opera di scristianizzazione di quel popolo. Ho ricevuto proprio in questi giorni il 39° volume della biblioteca anti-religiosa russa. Sotto c'è anche l'avversione anticristiana del giudaismo. Quando io ero a Varsavia, vidi che in tutti i reggimenti bolscevichi, il commissario civile o la commissaria erano ebrei”.

La parte più grande della documentazione era rappresentata dalle carte sulla guerra, una vera “chiamata al correo di tutto lo Stato” (cit. Contini) che quel conflitto lo accettò, lo fece suo e spinse per entrarvi non appena possibile.

Il Duce per la riunione del Gran consiglio del fascismo scrisse espressamente il 4 febbraio 1939: “gli Stati sono più o meno indipendenti a seconda della loro posizione marittima”. Iniziava quella che fu chiamata la “marcia all'Oceano” ma prima si doveva passare per forza di cose alla italianizzazione di Gibuti, della Corsica, di Nizza, di Malta, della Tunisia, al controllo di Suez e di Gibilterra “per rompere in primo luogo le sbarre della prigione”, non si doveva pensare alla Savoia che era geograficamente fuori portata ma vista la precarietà dell'assetto internazionale un pensierino lo si poteva fare per il Ticino. 

Da tempo i rapporti con la Francia si erano deteriorati e la possibilità di uno scontro anche armato, mano a mano, si era fatta avanti e questo apriva il campo a delle prospettive politiche più vaste. 

Presente anche il verbale degli Stati maggiori dell'Esercito del 18 novembre 1939, stilato per riunione dove saltarono fuori non poche deficienze militari. Il Generale Ubaldo Soddu parlò di assenza di “preparazione e robustezza dei quadri” e Mussolini aveva già lamentato che “troppo spesso viene dato per fatto quel che sovente avrebbe dovuto essere fatto”. Ma il quadro generale era piuttosto sconfortante, le derrate di benzina scarseggiavano, gli armamenti erano vetusti e insufficienti, la carenze riguardavano un po' tutto: il vestiario, le munizioni, gli pneumatici, i magazzini.

Badoglio accusava certi ufficiali di essere più dei “politicanti” che dei militari e diceva che in caso di guerra “pensare, prima di ogni altro fatto, a chiudere le porte di casa a est e ad ovest”, che bisognava individuare piccoli obiettivi e muoversi solo quando si avevano “situazioni favorevoli”, tuttavia in base all'“obiettivo di giungere a un equipaggiamento e un armamento sufficiente non si dovrebbe intervenire nella guerra prima del 1942”, nonostante ciò davanti ai vari generali che chiedevano armi e formazione dei militari Badoglio rispose in modo sorprendente: “quando si è poveri si può trovare conforto nel distribuire qualche cosa anche agli altri […] noi non possiamo trincerarci dietro un programma che è irraggiungibile”.

Soltanto 4 sono i documenti sull'inizio della seconda Guerra Mondiale: 

1) un telegramma del 25 agosto 1939 all'ambasciatore italiano a Berlino, Bernardo Attolico, tramite il quale Mussolini comunicava il sostegno italiano, politico e economico ma non bellico alla Germania che stava per attaccare la Polonia, testo con cui confermava il piano di riarmo ma ricordava che l'impegno militare non poteva non essere che conseguente “ai mezzi bellici e materie prime che la Germania porrò a nostra disposizione”; 

2) doveva essere “puramente dimostrativo” l'atteggiamento italiano davanti ai fatti polacchi diceva Mussolini al Re in un telegramma senza data; 

3) 16 settembre 1939 sempre il Duce a Vittorio Emanuele III comunicava che in Polonia stava per intervenire l'esercito sovietico e che la cosa si sarebbe conclusa a breve, con la speranza che il nuovo assetto avrebbe aperto delle “possibilità di negoziati diplomatici” con Francia ed Inghilterra; 

4) con l'ultimo documento del 30 settembre 1939 si prendeva atto che gli inglesi avrebbero proseguito le ostilità, che alcuni francesi però iniziavano a creare un fronte interno per la pace, che i tedeschi non avrebbero attaccato il fronte occidentale e che l'Italia stava tentando la costituzione di un blocco per la neutralità assieme ad altri Stati.
    
Nella valigetta vi era anche il breve verbale dell'incontro avvenuto al Brennero tra Mussolini e il Führer, quando Hitler spiegò la posizione politico – militare della Germania in quegli istanti con l'intento di voler concludere il prima possibile la partita con Francia e Regno Unito. “Colloquio di ieri è stato molto importante più di quanto non avessi preveduto” scriveva Mussolini al Re.                

Ci stava la certezza che il mondo non solo era sulla via del cambiamento ma anche che sarebbe profondamente cambiato e che l'impero inglese e le demoplutocrazie fossero arrivate ad un punto di non ritorno. 

La Germania stava forzando questa trasformazione, l'Italia non poteva mancare l'appuntamento e il Duce lo scrisse in una relazione inviata agli alti comandi militari il 31 marzo 1939 e qualche giorno dopo al Re: “L'Italia è in mezzo ai belligeranti, tanto in terra quanto in mare […] l'Italia non potrà fare a meno di entrare in guerra, si tratta di sapere quando e come: si tratta di protrarre il più a lungo possibile, compatibilmente con l'onore e la dignità, la nostra entrata in guerra”, non ci sta più da “perdere un'ora di tempo”, tutto poteva cambiare in breve e si doveva esser pronti. La risposta di Badoglio del 6 aprile confermava l'avviamento dei programmi da tempo, ma il Maresciallo non nascondeva le sue forti preoccupazioni se non altro per l'Africa orientale. 

La travolgente ed inattesa avanzata della Wehrmacht in Francia spiazzò ancora i vertici militari e politici italiani, nel foglio datato addirittura 1° giugno 1940, Badoglio, con un ritardo spaventoso, ma visto l'arrivo di considerevoli quantitativi di materie prime, consigliava di rinviare l'entrata in guerra alla fine del mese quando invece era stata prestabilita per il 5 di giugno e poi fu ritardata di soli 5 giorni.

L'idea di una guerra parallela sganciata dai tedeschi e pensata per ovvi motivi politici si schiantò ben presto nella campagna di Grecia, pensata per controbilanciare lo strapotere nazista che si allargava nell'area balcanica. In quella disastrosa avventura le truppe italiane dovettero  paurosamente fare marcia indietro.

Altri due rapporti dei comandi militari, uno del 1° ottobre 1942 e l'altro del 29 gennaio 1943, non promettevano nulla di buono ma è dalla nota del Duce del 14 luglio 1943 che si evince tutto il suo sconcerto di fronte al succedersi degli eventi e allo sbarco Alleato in Sicilia: “La situazione è inquietante” e si chiedeva “perché dopo lo sbarco, la penetrazione in profondità è avvenuta con un ritmo più che veloce”, “perché il nemico dispone di una schiacciante superiorità aerea”, “perché ha quasi incontrastato il dominio del mare” e invitava a “resistere a qualunque costo a terra”. Il Duce era stato ingannato, in Sicilia era stata ordita la disfatta, parlavano i fatti ma altrettanto certamente Mussolini fino ad allora non aveva voluto vedere la negligenza, l'incapacità, il servilismo nonché le opposizioni e gli ostruzionismi degli alti gradi militari.

Con sé nella valigia portò poi diversi telegrammi e lettere che attestavano la fiducia, l'ammirazione e il consenso ricevuto negli anni a cominciare dal Re, per proseguire dopo con tutte le approvazioni possibili ed immaginabili di tutte le alte cariche dello Stato, dell'economia, della società civile e delle gerarchie delle forze armate. 

Proprio su Badoglio, sulla sua ipocrisia, sul suo golpismo, sulla sua malafede e i suoi modi di fare maldestri coi tedeschi, che peggiorarono ulteriormente i rapporti con gli alleati a scapito dell'Italia e degli italiani, si era trattenuto una serie di fogli ufficiali: i resoconti degli incontri tra tedeschi e italiani avvenuti dal 25 luglio 1943 all'8 settembre facevano parte di questo pacchetto a dimostrazione probabilmente di quanto furono infidi e dannosi per l'Italia sia il Maresciallo che il piccolo sovrano. 

Tra quei plichi spiccano almeno un paio di note di fine agosto '43: nell'una si diceva che i tedeschi sospettavano fortemente di rapporti e accordi con gli anglo – americani da parte del Re e nell'altra si accusava i nazisti di ordire un contro – golpe, cosa che poi comportò l'arresto di Cavallero e l'assassinio di Ettore Muti.
 
A ciò si aggiungono 3 documenti sugli scioperi del 1943-1944: un pro – memoria per Mussolini del 1° marzo 1944, un altro diretto a Francesco M. Barracu, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ed uno che riassumeva l'esito proprio delle giornate degli scioperi avvenuti tra il 1° e il 5 marzo. 

Nel rapporto al Duce si scriveva che le proteste avevano avuto un certo seguito e venivano condotte dai comunisti, i quali, di concerto con altre azioni mirate, puntavano diritti ad uno stato di sanguinaria “guerra civile” e di spaccatura sociale e nazionale. Gli altri partiti invece sembravano molto più titubanti a riguardo. 

A Barracu si comunicava che lo sciopero aveva avuto sempre più consenso, anche se alcuni alcuni settori non vi avevano aderito, e che in talune occasioni si era riusciti a sostituire gli scioperanti con dei volontari, in ogni caso le azioni di repressione erano iniziate.

Mussolini voleva di fronte ai tribunali internazionali riproporre la difesa di un fascismo stavolta repubblicano che cercava di salvare il Paese dalla feroce rivoluzione comunista come era avvenuto tra il 1919 e il 1922? Può darsi, la questione sembra credibile.
Dopodiché? Già, quasi più niente, tutto qua!

Anche per un occhio miope appare una magra consolazione questa raccolta di carte. O sbaglio?